Saper creare dei ponti con il territorio per donare una luce ai detenuti. Questa la missione del direttore della Casa Circondariale di Venezia, una città che sa accogliere per dare futuro dopo la pena. Gente Veneta ha incontrato il nuovo direttore di Santa Maria Maggiore Enrico Farina.
Direttore, cambia il contesto sociale e così anche la vita della popolazione detenuta. Cosa vuol dire essere direttore di una struttura detentiva oggi?
Fare, anzi essere direttore di una Casa Circondariale oggi, in una realtà cui si deve soddisfare esigenze diversificate e che, per usare un’espressione di Erving Goffman, è forse l’ultima istituzione totale perché si deve prendere cura della totalità della persona, significa avere una visione globale e pensare alla complessità dell’esistenza umana. Ad esempio il direttore passa da una attività più strettamente amministrativa e anche contabile ad autorizzare per i detenuti che sono già appellanti o con sentenze definitive la possibilità di chiamare un familiare o un conoscente e stabilire anche quante volte chiamare. Così come deve regolare la possibilità di acquistare, fare delle spese, in quanto in carcere c’è una sorta di supermercato. Inoltre per legge sono il datore di lavoro per i detenuti così come per la polizia penitenziaria e per il personale civile che opera nella struttura. Per i detenuti che abbiamo assunto per i lavori interni di pulizia e manutenzione del fabbricato, o per fare da magazzinieri assicuriamo anche le visite del medico del lavoro, i corsi sulla sicurezza, il pagamento dei contributi come per tutti i lavoratori. Devo poi coordinare le unità esterne che aiutano e le attività scolastiche e la stessa attività pastorale del cappellano. Infine c’è la tutela della sicurezza interna attraverso il prezioso lavoro la polizia penitenziaria. Un lavoro importantissimo, a mio avviso non adeguatamente valorizzato e riconosciuto all’esterno.
Una sorta di direzione d’orchestra…
Sì, è un organismo complesso. Per non parlare del rapporto con le istituzioni del territorio. Ma credo che la cosa più importante sia dover “creare dei ponti” con la realtà attorno a noi, perché se non mettiamo una luce davanti ai nostri detenuti difficilmente potranno compiere veramente il loro percorso di pena.
Infatti la Costituzione italiana chiede che il sistema detentivo tenda alla rieducazione. Sappiamo però che la pena possiede drammaticamente anche una dimensione afflittiva…
Questa è la sfida più grande per lo Stato: dare sia un senso alla pena, per consentire una maturazione e una dimensione critica rispetto alla condotta deviante del reo, sia far sì che il cittadino torni ad esercitare il diritto al lavoro sancito anch’esso dalla Costituzione all’articolo 4. All’inizio della celebrazione pre-natalizia del Patriarca un nostro detenuto ha chiesto di essere riconosciuto come una risorsa economica utile alla vita sociale esterna. Il nuovo Cup, che rappresenta una Best practice dell’amministrazione penitenziaria, realizzato con l’Ulss3 è un modo per far sì che i cittadini detenuti sono risorse. È un ponte: i nostri ospiti sono certamente portatori di criticità, ma anche di potenzialità.
Quali?
Ad esempio è portatore di esperienze e potenzialità lavorative: una struttura detentiva deve saper leggere le competenze e indirizzarle, valorizzandole per il detenuto e per la società. Grazie alla collaborazione con l’Ulss3 ora una signora anziana che chiamasse per prenotare una visita medica potrebbe trovare anche i detenuti di Santa Maria Maggiore a rispondere. Dai report circa la valutazione della qualità delle telefonate abbiamo riscontrato che i nostri utenti ottengono punteggi altissimi. L’attenzione verso l’altro, l’empatia e il desiderio di riscatto fa tirar fuori loro un di più. Capiscono meglio le esigenze di coloro che soffrono. Ovviamente sono stati formati adeguatamente per questo e sono monitorati costantemente nell’esercizio di questa attività da una figura tecnica che coordina ogni processo.
Che peculiarità ha questa Casa Circondariale veneziana?
Venezia è una città storica, che ha una tradizione secolare di accoglienza. Vedo una capacità di fare rete e di accogliere da parte delle istituzioni: Ulss3, Comune, le Cooperative, le associazioni degli esercenti e degli albergatori, cooperative private…. Piazza San Marco viene restaurata oggi da alcuni detenuti. Abbiamo detenuti che lavorano negli alberghi, che lavorano per Veritas. Ringrazio Venezia perché ci consente di raggiungere il nostro fine istituzionale.
Marco Zane