«Il passaggio fondamentale della mia vita è stato da un’adesione alla fede cristiana, all’entusiasmo del Vangelo. E per questo devo dire grazie a mia moglie. Interpretare don Matteo mi ha dato una nuova “giovinezza artistica”. Ora siamo fermi per la pandemia, ma la speranza è che presto ci possa essere una nuova serie. Per cui presto mi rivedrete in tv… Buon Natale a tutti». Nato a Venezia da mamma tedesca, Mario Girotti, in arte Terence Hill o “Don Matteo” è un personaggio molto riservato. Ci regala comunque qualche battuta per fare gli auguri di Natale in un momento così difficile e particolare. «La fede è un elemento che ho sempre condiviso con Bud Spencer. Abbiamo girato 18 film insieme, sul set ci prendevamo a pugni, ma in realtà non abbiamo mai litigato. Bud era una persona straordinaria, mi manca moltissimo e ho pensato di dedicargli un film».
Come vi siete conosciuti?
Fu una casualità. Bud stava girando un film e un attore del cast si ruppe un piede. Serviva un sostituto, e velocemente, perché la troupe non poteva stare ferma per troppo tempo. Scelsero me, io arrivai di corsa da Madrid e, dopo una nottata di viaggio, mi portarono al lavoro. Il regista mi disse che l’unica scena che potevamo girare era una lite a pugni attorno ad un albero. E così fu il nostro primo incontro.
Quale è, oggi, la sua idea di cinema?
Quella che mi ha sempre accompagnato: un cinema che possa essere visto e “assaggiato” da tutti. Uno dei più bei complimenti che ho ricevuto è stata la frase di una mamma incontrata casualmente in piazza della Trinità a Roma. Mi disse, lei continui a fare film, così io posso continuare a portare al cinema i miei bambini. Ci sto provando…
Come trascorrerà il Natale?
In casa come tutti. Il mio ringraziamento va ai medici, al personale sanitario e a tutti coloro che, anche nei servizi più umili, o dietro le quinte, si stanno impegnando ad affrontare la pandemia.
Nella fede quali sono i suoi punti di riferimento?
I libri di Carlo Carretto. Ho trovato un linguaggio semplice che mi ha fatto innamorare di Dio. Per questo devo ringraziare mia moglie che conosce tutti i suoi testi.
Che rapporto ha con Venezia?
La frequento poco, ma è la città dove sono nato. Per cui c’è un rapporto intimo e particolare.
Cosa ha imparato nella sua vita?
Che ogni giorno è un giorno nuovo. Un dono di Dio che va fatto fruttare, come la Parabola dei Talenti. Per questo non mi sono ancora stufato di lavorare.
Che ruolo può avere il set nella trasmissione della “Buona Notizia” del Vangelo?
Il cinema è un linguaggio universale che sa parlare al cuore dell’uomo e della donna. Per questo noi artisti abbiamo un privilegio e un compito particolare: prego ogni giorno di essere all’altezza di questo dono. Ma un cinema popolare e impegnato può esistere davvero.
Lorenzo Mayer