Sono stati celebrati questa mattina nella chiesa di San Silvestro i funerali di don Antonio Biancotto, il sacerdote veneziano scomparso nei giorni scorsi all’età di 66 anni. Con il Patriarca Francesco, i confratelli, i diaconi, alcuni rappresentanti delle istituzioni cittadine e del carcere (don Biancotto era cappellano dei due istituti penitenziari di Venezia e coordinatore dei cappellani del Nordest), hanno partecipato all’Eucaristia numerosissimi fedeli, al punto che in molti sono dovuti rimanere ad ascoltare all’ingresso, impossibilitati ad entrare.
«Cari presbiteri, diaconi, consacrati, consacrate, fedeli – ha esordito mons. Moraglia nell’omelia – siamo qui convenuti per celebrare l’Eucaristia, il gesto ecclesiale che stava più a cuore a don Antonio il quale, se potesse, farebbe sentire la sua voce per dirci semplicemente: grazie. Una parola che ripeteva spesso. Soprattutto negli ultimi giorni. Sì, preghiamo all’altare del Signore per lui e con lui nella realtà viva della comunione dei santi che supera il tempo. Sì, l’Eucaristia fu per don Antonio riferimento essenziale, vera passione, spazio spirituale in cui abitava ed invitava tutti».
Don Antonio, ha poi sottolineato il Patriarca, «rimarrà nel ricordo della nostra Chiesa – come altri sacerdoti veneziani – per lo zelo, la fede, la generosità ma, in particolare, perché ha costituito, nel centro di Venezia, nella zona di Rialto, la comunità degli adoratori del Santissimo Sacramento che, insieme all’evangelizzazione di strada, è una vera forma di Chiesa in uscita in una zona della città secolarizzata, dedita al commercio, al turismo, al divertimento. L’adorazione eucaristica quotidiana – ventiquattro ore al giorno per tutti i giorni dell’anno – nasce da un’idea e dall’impegno, talvolta eroico, di don Antonio e di tanti e tante che lo hanno seguito in questa coraggiosa scelta pastorale».
Il Patriarca ha poi ricordato i tanti semi lasciati dal sacerdote nelle parrocchie e nelle diverse realtà in cui ha operato: «Nella casa circondariale maschile, nella casa di reclusione femminile, in Seminario Patriarcale come confessore, nell’evangelizzazione di strada a Rialto, a Marghera e a Jesolo; si è impegnato a liberare le donne vittime di sfruttamento e per reinserire nella società chi aveva concluso il periodo di detenzione. Caro don Antonio, hai scritto una bella pagina, anzi numerose belle pagine per la Chiesa di Venezia, continuando una tradizione ricca e bella che onora il nostro presbiterio».
Il Patriarca ha poi ricordato gli ultimi giorni di vita del sacerdote, ricoverato in ospedale: «Mi ha colpito sentirti ripetere spesso negli ultimi giorni – quando la debolezza era la tua compagnia abituale – che eri grato al Signore del dono della vita. Sì, più volte lo hai ripetuto anche quando lo sfinimento ti toglieva, via via, ogni energia tanto da non riuscire nemmeno a compiere i gesti fondamentali. Mi rimarranno impresse queste tue parole: “La vita è bella. Grazie, Gesù!”, “Grazie Gesù per la vita” e, alla fine, semplicemente, “Grazie!” detto con un filo di voce e, poi, solo con lo sguardo. Caro don Antonio, è stato bello incontrarti, sei stato un “bel” compagno di strada, convinto e determinato nel portare avanti ciò che ti sembrava rispondesse al bene che, come sacerdote, il Signore Gesù ti chiedeva in quella o in quell’altra situazione per le persone che Lui ti aveva affidato, attraverso il mandato della Chiesa. Carissimo don Antonio, ci hai testimoniato che sapersi abbandonare a Dio con semplicità, disposti ad accogliere quanto Lui ci indica, è sinonimo di santità. Una santità che gioisce non dei propri progetti, delle proprie realizzazioni ma di lasciarsi portare là dove il Signore vuole che noi siamo. Grazie don Antonio e ora che sei riunito ai tuoi amati genitori, mamma Teresa e papà Silvano, prega per la Chiesa di Venezia – la tua amatissima Chiesa – e… arrivederci!». (GV)