La mano dell’architetto non mente e nemmeno l’esperienza… anzi, è subito visibile nel progetto di Rocco Endrius e della moglie Pamela Colorio, entrambi architetti, che dal 2011 si stanno dedicando ad un progetto pilota di “riqualificazione e sostenibilità ambientale” di un’area agricola di circa 6 ettari posta tra Venezia e Olmo di Martellago.
Endrius proviene da una famiglia di origini agricole, trascorre la sua infanzia con nonna Amelia che gli trasmette i valori e la passione per la terra, ma fino a pochi anni fa la scelta di fare l’imprenditore agricolo non lo sfiorava minimamente. Il mondo dell’architettura e dell’edilizia lo rapiscono letteralmente, la sua intraprendenza abbinata al senso pratico ed eclettico gli consentono di avere importanti soddisfazioni professionali: lavora per la realizzazione di grandi opere a Milano, grattacieli, centri commerciali, collabora per la realizzazione del padiglione zero dell’Expo, si occupa di progetti di ristrutturazione di importanti edifici storici ma anche della realizzazione della Stazione di Torino Porta Susa; non manca neppure l’esperienza di docente al Politecnico di Milano.
«L’idea di vedere realizzati dei progetti che solo pochi mesi prima erano solo sulla carta mi dava un’adrenalina e una soddisfazione impagabili, ma c’era un aspetto che in qualche modo mi deludeva, ovvero una mancanza di connessione vera con l’ambiente, con i ritmi della natura, una sorta di perdita di identità. Ecco che ritornare ai ritmi della terra, pensare ad un progetto sostenibile, interdisciplinare, capace di far risaltare la natura e valorizzarla, di ripensare al concetto di agricoltura ed architettura, mi era parsa una nuova sfida, stimolante ed educativa, anche per le mie figlie adolescenti», racconta Endrius.
Inizia così l’esperienza di Rocco Endrius che diventa imprenditore agricolo a 44 anni, partendo da un appezzamento di terra sfruttato, a cui ridona un corretto assetto idraulico funzionale alla piantumazione di 3650 essenze arboree autoctone.
Numero importante perché determineranno l’incipit dell’esperienza agricola e ne daranno il nome all’azienda: Habitat 3650. Carpini, querce, pioppi, ciliegi, noci e ancora piante di acero, gelsi, sambuco, noccioli sono ormai cresciuti per creare boschetti, siepi e fasce tampone, proteggendo i 6 ettari che diventano un’area di rifugio della micro fauna degli habitat naturalistici e di tutela della biodiversità.
Il terreno è stato progressivamente arricchito di sostanza organica attraverso la tecnica dei sovesci predisponendo e convertendo il terreno per ospitare coltivazioni di frutteti, cereali, orticole e vigneto biologici. Ora nell’area sorge anche una struttura ricettiva realizzata in bioedilizia a zero emissioni, completamente costruita in legno di larice ed abete.
«Lavorare con i ritmi della natura ci sta insegnando a vivere – spiega Endrius – una campagna prima arida, ora ci sta donando frutti, piante, ortaggi, vino e una bellezza coinvolgente anche per gli ospiti che la scoprono».
«Questa testimonianza ci offre una lettura – afferma Tiziana Favaretto, presidente di Terranostra Venezia – di come stia cambiando la percezione del mondo agricolo da parte dei consumatori: la ricerca della qualità e la sostenibilità sono delle peculiarità necessarie quando si fa la spesa ma anche nella scelta di trascorrere dei giorni di vacanza che hanno il potere di farci riprendere dallo stress quotidiano, ma sono ancor più apprezzati quando riconciliano con la natura che ci circonda».