Sempre meno mais made in Italy: la produzione nazionale soddisfa ormai meno del 50% del fabbisogno del Paese. Lo rileva Massimo Blandino, ricercatore al Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’università di Torino. Perciò, sostiene il ricercatore, diventa urgente l’introduzione di colture Ogm, oltre a sementi, e diserbanti e concimi innovativi.
Se ne parlerà giovedì 22 febbraio, a partire dalle ore 9, durante un convegno promosso da Confagricoltura Venezia e Rovigo, che si terrà a Cavarzere, a palazzo Silimbani (via Grignella 103 A).
Nell’ultimo decennio la produzione italiana di mais si è quasi dimezzata, con il paradosso che una larga fetta del granoturco necessario all’Italia è importato dall’estero, dove le normative sono molto meno stringenti e in molti casi è autorizzato l’utilizzo di Ogm. In Italia invece la nostra normativa vieta di coltivare mais Ogm. «Queste normative sono paradossali – afferma Romano Silimbani, presidente della sezione di Confagricoltura a Cavarzere – poiché i mangimi a base di Ogm sono il cibo principale degli animali allevati in molti paesi stranieri: si tratta di una buona parte della carne che poi viene importata dall’estero anche in Italia».
Tra l’altro, proprio nei giorni scorsi è stato reso pubblico il risultato di un’indagine condotta da Scuola Superiore Sant’Anna e Università di Pisa. Secondo questo studio, realizzato comparando quasi 12mila altri studi condotti in Usa, Europa, Sud America, Asia, Africa e Australia, il mais Ogm non è rischioso per la salute umana.
L’obiettivo del convegno è comunque approfondire gli aspetti delle diversi tipi di sementi (precoci, tardive, per mais bianco da polenta o giallo da mangimi, resistenti alla siccità o adatte a terreni irrigati in modo sistematico etc.) e delle innovazioni nel campo dei diserbanti. Infine grande attenzione anche ai concimi che possono nutrire semi e piante in diverse fasi ottimizzando lo sviluppo della coltura.