L’emergenza Covid-19 ha dato un ulteriore gravissimo colpo al comparto del latte che era già, da lungo tempo, in crisi. Prima il blocco e ora il rallentamento delle attività di ristorazione hanno mandato all’aria una fetta del mercato del latte fresco come le mozzarelle per la pizza e altri prodotti caseari dei piatti più comuni.
Ad aprile un’importante azienda del territorio di Dolo ha chiuso l’attività. Ma la morte delle aziende potrebbe continuare progressivamente fino ad arrivare a uno scenario apocalittico per il settore: tra dieci anni le stalle gestite da agricoltori nostrani potrebbero sparire dalla provincia di Venezia soppiantate dalle multinazionali del latte.
Dopo il Covid il latte viene pagato solo 35 centesimi al litro. «Fino a pochi mesi fa il latte era pagato attorno ai 40-42 centesimi al litro cioè praticamente al costo di produzione», spiega Enrico Cassandro, giovane allevatore e presidente della sezione latte di Confagricoltura Venezia. «La situazione era quindi già quasi insostenibile per noi allevatori, perché i nostri guadagni erano praticamente azzerati. Ora siamo scesi al di sotto: il latte in questo periodo è pagato ai produttori circa 35 centesimi al litro!».
Ed Emanuele Boetto, segretario di Confagricoltura Venezia per l’area del Dolese e Miranese precisa: «Siamo preoccupati per le nostre aziende che ancora si impegnano a mantenere standard di qualità molto elevata con relativi notevoli costi di produzione, mentre il prezzo di vendita del latte scende pericolosamente. Abbiamo avuto notizia di caseifici che impongono ai produttori anche 33 centesimi al litro».
Un appello al Governo per non farsi schiacciare dall’estero. Ma cosa fare per uscire da questa gravissima crisi? «E’ evidente – continua Cassandro – che se la situazione si protraesse in una dimensione così drammatica, saremmo costretti a chiudere. L’appello è rivolto alla politica, alla Regione, al Governo e all’Unione Europea: bisogna rendere competitive le aziende italiane rispetto a quelle estere eliminando tutte le imposte a partire da quelle sull’energia».
In dieci anni, nel Veneziano, perse un terzo delle stalle. La gravità della situazione era già evidente prima del Covid. «Nel 2009 la provincia di Venezia contava 245 stalle», ricorda Giulio Rocca, presidente di Confagricoltura Venezia: «Quasi dieci anni dopo, nel 2018, ne restano soltanto 162: sono oltre un’ottantina gli allevamenti persi e rappresentano un terzo del totale».
Analizzando l’andamento negli ultimi vent’anni, risulta però che il nostro territorio ha ridotto quasi del 70% il numero delle stalle, dimezzando anche le produzioni visto che le aziende più piccole sono state riassorbite nelle imprese più grandi. Gli allevamenti veneziani sono aziende complesse dove, alla cura di centinaia di animali nel massimo rispetto delle normative in vigore, si affianca anche l’attività prettamente agricola nel settore dei seminativi per produrre direttamente l’alimentazione dei bovini.
Solo latte italiano per i prodotti Dop? «Da tempo chiediamo che un litro di latte sia pagato al produttore attorno 50 centesimi», conclude Cassandro: «In questo modo saremmo in grado di guadagnare e potremmo reinvestire migliorando ulteriormente la dotazione tecnologica delle nostre aziende».
La battaglia degli allevatori include anche la tutela dei consumatori: «Noi – aggiunge Cassandro – siamo i garanti della qualità del prodotto. Chiediamo che ci sia un vincolo per l’utilizzo esclusivo di latte italiano per i prodotti DOP. In Emilia Romagna il consorzio del Parmiggiano Reggiano è impegnato a garantire l’utilizzo di latte del proprio territorio, ci sono costanti controlli e un litro di latte è venduto dai produttori a quasi 80 centesimi».