Covid-19, sostenibilità ambientale e crisi dei settori del mais e della frutta: ecco alcune delle grandi difficoltà – ma anche delle grandi opportunità – del settore primario nel Veneziano.
Le enumera Giulio Rocca, 56 anni, presidente di Confagricoltura Venezia per sei anni, da fine 2014 ad oggi (21 luglio). Il suo mandato, della durata di tre anni, è già stato rinnovato una volta.
L’assemblea dei soci di Confagricoltura Venezia, per eleggere il nuovo presidente, si tiene oggi pomeriggio a Mestre.
Il Covid-19 cambia radicalmente gli scenari locali e globali anche per l’agricoltura. Rocca, nel suo bilancio come presidente uscente di Confagricoltura Venezia, lancia l’allarme soprattutto per il settore dell’agriturismo. «Stiamo vivendo una crisi senza precedenti. Prima la lunga chiusura, poi il rallentamento delle prenotazioni. Una parte del reddito annuale è completamente saltata. È necessario tutelare la salute pubblica, ma occorre fare attenzione a non danneggiare ulteriormente il sistema veneto del turismo, all’interno del quale i nostri agriturismi rappresentano un settore di alto valore per qualità dell’ospitalità e rispetto delle tradizioni culturali enogastronomiche e dell’ambiente. Nel Veneziano si contavano circa 60 milioni di presenze turistiche, il crollo del settore ha portato danni anche all’indotto: ne hanno risentito e continuano a risentirne in modo sensibile anche le aziende agricole che forniscono i propri prodotti al settore della ristorazione».
L’agricoltura veneziana è comunque cresciuta molto negli ultimi anni e, tra i settori in ascesa, al primo posto c’è il vitivinicolo. Anche il vino veneziano e veneto però stanno pagando le gravi difficoltà commerciali causate dal Covid-19 che ha bloccato la ristorazione e la ricezione alberghiera e sta limitando notevolmente gli scambi commerciali e in particolare il nostro export sia in Europa sia verso gli Usa e altri paesi extraeuropei.
Grande incertezza per alcuni settori che vivevano già da anni una grave crisi e per i quali le conseguenze dell’emergenza Covid-19 potrebbero avere ricadute imprevedibili. «La crisi dei seminativi, in particolare del mais, era già da anni molto pesante – sottolinea il presidente uscente: «Queste erano le coltivazioni base dell’agricoltura veneziana, poi i prezzi bassissimi sul mercato hanno cominciato ad azzerare i guadagni degli imprenditori costringendo ad abbandonare queste colture».
Problemi altrettanto gravi erano già evidenti anche per la frutticoltura: «Negli ultimi anni la coltivazione della pera veneziana è quasi scomparsa» riprende Rocca. «Le pere sono un frutto già di per sé difficile da coltivare, ma i danni provocati dalla cimice asiatica hanno creato un crollo nelle produzioni di questo frutto e in generale hanno messo in grande difficoltà i frutticoltori. Si spera che i danni da cimice asiatica possano essere attenutati grazie all’introduzione della vespa samurai, insetto antagonista che dovrebbe contenere la proliferazione incontrollata della cimice».
Sul versante interno, secondo Rocca, è preoccupante anche l’invecchiamento della categoria degli imprenditori agricoli e la loro difficoltà ad innovare e fare sistema unendo le forze. «Il cambio generazionale è un problema reale. Oggi l’età media dei titolari di azienda è oltre i 60 anni e la digitalizzazione delle aziende diventa spesso più un problema che una semplificazione. La fatturazione elettronica è stata un vero trauma, abbiamo avuto un aumento del lavoro all’interno dell’organizzazione per i nostri servizi amministrativi: le aziende hanno avuto ed hanno mille difficoltà. Bisogna pensare che tutte le aziende ufficialmente possono contare su un indirizzo di posta elettronica certificata (Pec), ma solo il 30% degli imprenditori usa le mail, ciò significa che pochissimi usano il computer e quindi i nostri servizi debbono provvedere a tutte le richieste di aiuto ed assistenza».
L’agricoltore è poi spesso visto come un inquinatore, ma invece è colui che tutela il paesaggio, contribuisce a mantenere il sistema idrico in buon funzionamento e cerca di svolgere le proprie attività nella maniera più ecocompatibile. «Per migliorare la sostenibilità, ci stiamo impegnando molto, ma non possiamo sperare che le nostre aziende passino tutte alla coltivazione biologica: il bio non è per tutti i luoghi e non è per tutte le colture», conclude il presidente uscente.
Negli ultimi 20 anni sono stati notevolmente ridotti i quantitativi di antiparassitari e diserbanti utilizzati «ed ogni anno che passa l’innovazione porta a sempre maggiori riduzioni dei prodotti inquinanti. L’innovazione deve quindi essere sostenuta e cavalcata, solo così possiamo arrivare ad una agricoltura ad impatto zero. La sostenibilità agricola passa per l’innovazione, visto anche lo scenario globale in cui la popolazione da sfamare aumenta sempre più e la terra da coltivare va diminuendo. Innovazione vuole dire poter ottenere colture resistenti alla carenza idrica, resistenti ai patogeni ed agli insetti, ed infine capaci di adattarsi velocemente ai cambiamenti climatici. L’agricoltura veneziana non può certo competere con le grandi aziende del nord e sud America; deve però riuscire a fare qualità e mettere sul mercato i propri prodotti valorizzandoli e l’unico modo per farlo e lavorare tutti insieme. La sfida concreta infatti è questa: creare un’aggregazione sempre maggiore, anche al nostro interno, per essere più efficaci a tutti i livelli».