Il rumore evocato da tanti, destinato a segnare uno spartiacque tra la tragica morte di Giulia, vittima di femminicidio, ed il futuro che attende la famiglia e la comunità nazionale si fa silenzio interiore, difficile da trattenere.
L’efferato delitto richiama piuttosto la rabbia, la ricerca rapida delle responsabilità e invoca forme sbrigative di riparazione.
Ma tutto questo è stato tuttavia assorbito dalla gigantografia della compianta Giulia a Santa Giustina in cui quel rumore, proveniente da una piazza gremita, si fonde con le parole “attesa, speranza, amore” pronunciate con forza dal vescovo celebrante mons. Claudio Cipolla e con la testimonianza commovente e coinvolgente del papà (nelle foto di Giorgio Boato), rappresentando anch’esse uno spartiacque.
È sembrato, a ragione, che il femminicidio di Giulia abbia posto, con vigore, al centro dell’opinione pubblica e delle istituzioni il tema sull’eliminazione della violenza contro le donne ed il bisogno di individuare nuovi percorsi per una efficace attività di prevenzione.
Si tratta di azioni che chiamano in causa tutte le agenzie educative, i giovani, i rapporti tra le generazioni, in cui la parità di genere ed il rispetto della donna siano davvero imperativi categorici.
Una svolta culturale forse più vicina perché questo ennesimo delitto, che ha annichilito il sorriso di Giulia e distrutto il suo avvenire, va oltre la reazione emotiva e il diffuso smarrimento.
Si avverte cioè la necessità di sbarrare la strada e di fermare, per tempo, gli uomini che diventano carnefici.
Il messaggio di Padova risulta incisivo e convincente, poiché da una parte il dolore e la sofferenza si trasformano in impegno e in proposte mentre, dall’altra parte, nel presente, la presa di coscienza collettiva a sostenere le donne, sin da subito, per presentare rapidamente la denuncia.
“Una stanza tutta per sé”, presso la Stazione dei Carabinieri di San Michele al Tagliamento, realizzata in partnership tra Soroptimist International Italia-Club San Donà di Piave/Portogruaro e l’Arma dei Carabinieri, la sensibilità delle municipalità, dei centri antiviolenza e l’iniziativa della Polizia di Stato che, anche a Mestre, nell’ambito del progetto “Questo non è amore”, si pone per contrastare il fenomeno delle violenze fisiche, psicologiche, verbali ed economiche sulle donne, rappresentano, ancorché non esaustive, alcune delle risposte.
Il padre di Giulia, Gino Cecchettin, ha citato la poesia di Kahlil Gibran che, nella parte finale, così recita: “La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta ma di come danzare nella pioggia…”.
È il tempo in cui tutti devono imparare a convivere con le difficoltà; ad affrontare la vita con la schiena dritta; ad irrobustirsi quando richieste e desideri non vengono soddisfatti; a saper rispettare la donna e la sua dignità; ad aborrire la logica del possesso della donna.
Purtroppo, oggi, in questi tragici ed abominevoli casi, la relazione con la donna ha perso “la dimensione dell’eros, ossia della tenerezza, del sentimento e quella dell’amore”.
Ecco perché il percorso di recupero va scoperto in profondità! Il rumore della piazza dunque si salda con il rinnovato senso di responsabilità in cui, come affermava Pascal, “nella fede, come nell’amore, i silenzi sono più eloquenti delle parole”.
È il rumore che diventa silenzio interiore e spinta per un rapido cambiamento.
Michele di Bari