Una zona abbastanza centrale, quella di S. Marcuola e S. Alvise, a Venezia, dove è parroco don Stefano Costantini. Fino ad oggi quasi esente da situazioni di povertà. Oggi, però, l’epidemia sta cambiando le cose. «Da noi c’è la San Vincenzo che consegna generi alimentari una volta al mese, più qualche aiuto straordinario; ma situazioni di povertà conclamata finora non ce n’erano. Chi bussava per domandare soldi, di solito, veniva da fuori: Padova o altre parti. Oggi il fenomeno si è comprensibilmente arrestato». Ma i primi segnali di difficoltà si iniziano a vedere: «Una famiglia, che ha in locazione un immobile della parrocchia, ci ha chiesto se possiamo abbassarle il canone. Persone che lavorano nel turismo e sono a casa, gente in cassa integrazione… i problemi stanno venendo a galla. Questo è il primo campanello d’allarme concreto», riflette don Stefano.
Il da farsi è un gioco di equilibrio tra ciò che si vorrebbe e ciò che alla fine è più opportuno fare. «Propongo dei momenti di riflessione sulla Parola del giorno, il rosario, la via crucis, qualche messa in streaming (la domenica e le solennità). Usiamo facebook e i link su whatsapp. Ma qualcuno si è tolto dalla lista: “massa roba”».
Si cerca dunque la giusta misura. Facendo i conti con le forze a disposizione. «All’inizio ho preparato un video per le catechiste da mandare alle famiglie: qualcuno ha fatto sapere di averlo molto apprezzato. Ma lavorare attraverso una filiera di intermediari è un po’ problematico».
I catechisti tengono loro i contatti con le famiglie, soprattutto dei bambini e ragazzi che si preparano ai sacramenti, trasmettendo ogni settimana le schede dell’Ufficio catechistico della Cei.
«Abbiamo cercato di fare una lista con più persone possibili… Di tante, però, non abbiamo il recapito. Soprattutto gli anziani: alcuni li conosciamo, perché magari hanno espresso il desiderio di ricevere la comunione; ma sono molti quelli che non conosciamo o di cui non abbiamo comunque l’indirizzo telefonico».