L’aumento dei costi delle materie aveva già acuito, dallo scorso autunno, la crisi degli allevamenti che non riuscivano più a far quadrare i bilanci. Oltre ai costi dell’energia elettrica e del gas, già schizzati alle stelle, a incidere c’erano anche l’aumento della spesa per l’alimentazione animale, lievitata del 19% secondo i dati Ismea: + 22% i foraggi, + 17% i mangimi semplici e + 15% i composti.
Ora la guerra in Ucraina rischia di essere il colpo di grazia anche per molti allevamenti, se non verrà rapidamente riconosciuto ai loro prodotti un prezzo in linea con l’aumento dei costi di produzione.
«La situazione degli allevatori è arrivata a un punto di non ritorno – afferma Enrico Cassandro, presidente sezione Latte di Confagricoltura Venezia – Eravamo già allo stremo: costretti a cercare continuamente nuove soluzioni per ridurre il costo della razione alimentare delle mucche, siamo riusciti a gran fatica a coprire le spese il latte venduto comunque sottocosto. Ora con la guerra in Ucraina ci saranno ripercussioni letteralmente imprevedibili nel nostro settore già allo stremo».
Gli allevatori lamentano il fatto che molte aziende non hanno mai ricevuto l’aumento di 3 centesimi previsto dall’accordo di novembre, raggiunto tra le organizzazioni agricole, le cooperative, la grande industria e la grande distribuzione. «Eravamo già inchiodati ad una perdita di 5/7 centesimi per ogni litro di latte venduto a 39/41 centesimi, contro i 46 dei costi di produzione – spiega Cassandro – Un divario che, aggravato dalla crisi economica internazionale prodotta dalla guerra, in tempi rapidi, potrebbe innescare il crollo di moltissime imprese, se non dell’intero settore».
Negli ultimi 15 anni, secondo i dati di Veneto Agricoltura, nella regione si è passati da oltre 7.000 allevamenti di vacche da latte ai 2.900 attuali.
«Per un allevamento di 100 capi il deficit si traduce in una perdita mensile di circa 7.000 euro al mese, vale a dire circa 85.000 euro all’anno – conclude Cassandro – Questo costringeva già a erodere il patrimonio aziendale, fare debiti su debiti e, alla fine, chiudere. Non ce la possiamo fare a resistere e sostegni non ne abbiamo ricevuti. Il ‘Piano nazionale di ripresa e resilienza’ assegnerà dei contributi per l’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti degli edifici a uso produttivo dei settori agricolo e zootecnico, con i quali potremmo cercare di ridurre un po’ i costi energetici, ma non è una misura certamente sufficiente per fronteggiare l’emergenza già presente a cui si aggiungerà il disastro economico provocato dalla guerra appena iniziata».