Il welfare contrattuale non è la palestra gratis, l’estetista o il parrucchiere: «Non è un menu à la carte da consegnare al dipendente». Annamaria Furlan non transige sulla serietà del sostegno ai lavoratori da parte delle aziende e dal congresso veneto del sindacato di cui è segretaria mette le cose in chiaro: «Per Cisl le priorità sono la salute, la previdenza integrativa e il sostegno alla famiglia. Come parti sociali abbiamo chiesto di fare questo a Confindustria» confida questa mattina ai giornalisti dal Double Tree Hilton hotel di Mogliano Veneto .
«La palestra gratis ha un significato diverso rispetto al sostegno per il lavoratore che è in una famiglia dove è presente la non autosufficienza, o rispetto al costruire, attraverso la previdenza integrativa, una pensione più dignitosa e corposa per il futuro, o rispetto all’avere risorse per poter mandare i propri figli all’università. E per fare questo ci vuole capacità di ascolto dei bisogni dei lavoratori, di coinvolgimento nelle scelte, ma anche di parti sociali che responsabilmente sanno definire le priorità».
È nello strumento della contrattazione che imprese, lavoratori e comunità possono beneficiare vicendevolmente del welfare, «e io credo che sia questa – indica la Furlan – a definire le giuste priorità, dando risposte a lavoratori e comunità in modo responsabile».
Ad esempio il nido: «In una realtà in cui non è presente, le comunità potrebbero beneficiare delle imprese che invece offrono questo servizio ai lavoratori e aprendolo anche al territorio».
“Discount del welfare veneto” e “far west del welfare” sono i termini con cui il segretario Cisl regionale Onofrio Rota rincara la dose, denunciando le derive del welfare contrattuale locale. «Nel Veneto il welfare ha una storia importante, ma ora stiamo riscontrando una specie di “discount”» concorda con Annamaria Furlan, entrando nel vivo delle questioni regionali. «Capita che le assicurazioni vadano dall’azienda e dicano: “Ti propongo io un pacchetto di welfare!”. Ma questo è una sorta di far west, non è il welfare vero. Vanno dall’imprenditore e gli propongono: “Devi dare qualche soldino al lavoratore? Dagli l’estetista, dagli la parrucchiera”».
«Una sorta di menu à la carte» aiuta a rendere l’idea la sindacalista. «Come fossimo al ristorante. Mettiamoli invece in busta paga quei soldi. Noi vogliamo un welfare contrattuale, contrattabile. Per noi il welfare è sociale e guarda alla non autosufficienza, alla famiglia, ai figli…».
Giulia Busetto