Nella prima metà del 2023 il mercato del lavoro veneto ha fatto registrare un incremento di 82.900 posti di lavoro dipendente, grazie soprattutto all’andamento dei primi mesi dell’anno. Nel mese di giugno, così come era già accaduto in quello precedente, si è infatti osservato un lieve rallentamento della crescita occupazionale, attribuibile in particolar modo al calo della domanda di lavoro nel comparto industriale. Il saldo mensile si mantiene comunque positivo per +18.700 posizioni lavorative, seppure leggermente inferiore a quello del 2022 (+20.300).
Lo segnala “La Bussola”, il reporto stilato da Veneto Lavoro. La crescita è trainata dai contratti a tempo indeterminato, aumentati nel corso dell’anno di 24.700 unità. Dopo l’eccezionale spinta osservata nell’ultimo biennio sia in termini di assunzioni che di trasformazioni, il bacino di posti di lavoro stabili sembra però ora in via di saturazione. Bilancio positivo anche per il lavoro a termine. I rapporti di lavoro a tempo determinato sono cresciuti di 56.300 unità (in linea con l’anno precedente) e le assunzioni con questa forma contrattuale sono state complessivamente 251.900 dall’inizio dell’anno (il 3% in più rispetto allo stesso periodo del 2022). Più marginale l’apporto dell’apprendistato, che ha visto una flessione delle assunzioni del 5% e un saldo che, seppure positivo, risulta inferiore a quello dello scorso anno (+1.850 contro +2.000 posizioni lavorative).
La leggera crescita delle assunzioni registrata nel primo semestre del 2023 (+1%) ha interessato pressoché in egual misura donne e uomini, ma si è mostrata più marcata per gli stranieri (+7%) rispetto agli italiani (-1%) e, in termini di età, per i giovani (+7%) e gli over 55 (+3%). Il volume delle cessazioni è rimasto stabile sui livelli del 2022, ma le dimissioni, che comunque continuano a mantenersi elevate, risultano in calo del -4%.
Dal punto di vista settoriale, a fronte di una sostanziale stabilità delle assunzioni in agricoltura (+1%), nel semestre si è registrata una crescita del +4% nei servizi e una flessione del -6% nell’industria. Il traino positivo è rappresentato dal comparto del commercio e turismo (+8%), mentre nel secondario la domanda di lavoro risulta in calo soprattutto nell’industria della chimico-plastica (-19%) e nel metalmeccanico (-7%), in particolare il comparto delle macchine elettriche (-19%).
L’attenuazione della crescita osservata nel settore industriale va ricondotta ad una serie di possibili concause: un plausibile assestamento sui livelli pre-pandemici del 2019, dopo il picco del 2022; una riduzione della mobilità complessiva del mercato del lavoro e le crescenti difficoltà nel reclutamento di alcune figure professionali; un rallentamento della domanda di lavoro che in alcuni comparti potrebbe nascondere difficoltà legate a uno scenario economico ancora incerto.
Venezia e Verona sono le province nelle quali si concentra gran parte della crescita occupazionale della prima metà dell’anno, con un saldo di posti di lavoro (rispettivamente +39.300 e +23.200) nettamente superiore a quello registrato nel 2022, e le uniche che mostrano anche un aumento delle assunzioni (+9% nel veneziano e +3% nel veronese). Domanda di lavoro in calo in tutte le altre province: -5% a Treviso, -4% a Vicenza e -3% a Belluno, Padova e Rovigo. Quella patavina e quella rodigina sono anche le uniche province a mostrare un saldo occupazionale inferiore a quello dello scorso anno, seppure ancora in terreno positivo.