Nel 2015 la spesa si era aggirata sui 9 milioni e mezzo di euro. Nel 2018 è scesa a 8 milioni. Un miglioramento c’è stato, ma i soldi spesi “inutilmente” restano ancora tanti.
Parliamo del costo che Veritas deve sopportare per via dei rifiuti conferiti in maniera impropria dai cittadini. Plastica insieme agli avanzi di cucina, ceramica gettata nel contenitore del vetro, calcinacci nel secco… Per non parlare di batterie e medicinali buttati dappertutto meno che nei bidoncini appositi; o anche di chi mescola nell’indifferenziato rifiuti che potrebbe dividere. Salvo gli autorizzati (per esempio i residenti in Venezia storica, che ancora non raccolgono separatamente l’umido), degli altri si può solo dire che sono, come minimo, distratti e trascurati.
E il guaio è che quegli 8 milioni di euro all’anno, alla fine, li paghiamo tutti noi, visto che Veritas è un’azienda pubblica, cioè della collettività. Il che significa che ciascuno degli oltre 880mila veneziani serviti dall’azienda dei rifiuti tira fuori circa 5 euro, ogni anno, a causa dei conferimenti errati; e altrettanti le aziende.
Poca roba? Mah… Il fatto è che sono soldi buttati via, per aver selezionato male, a casa o al lavoro, la spazzatura. E stiamo parlando del solo valore economico della gestione dei rifiuti, perché poi c’è un costo ambientale, che è più difficile quantificare. Ma c’è, è molto alto ed è complicato da recuperare.
«Sempre di più i comportamenti dei cittadini nel liberarsi dai rifiuti sono in miglioramento», osserva il direttore generale di Veritas, Andrea Razzini: «Oggi i due terzi delle persone si stanno muovendo correttamente».
Resta però un terzo ancora impermeabile; quel terzo di persone, appunto, che produce sovraccosti inutili alla collettività e danni all’ambiente.
Che fare? Per Razzini la risposta è principalmente una: la crescita della consapevolezza. A partire dalle scuole: «Noi ogni anno raggiungiamo 20mila bambini e ragazzi per aumentare la diffusione di buone prassi. Abbiamo sensazione che funzioni e che gli alunni portino poi a casa, nelle loro famiglie, idee e buoni comportamenti. Semmai, stupisce un po’ che siano le persone più avanti negli anni a essere piuttosto distratte».
In genere, però, oltre all’educazione servono anche i controlli. E i castighi, per chi trasgredisce: «Dal punto di vista punitivo – riprende Razzini – ci sono le multe e ne vengono date abbastanza. Siamo nell’ordine delle 3-4mila all’anno; e un indice che fa intuire una maturazione delle consapevolezza è che, in relazione alle multe, calano i ricorsi». Chi sbaglia, insomma, sa d’aver sbagliato e non tenta di aggrapparsi da qualche parte.
«Inoltre, ad ogni multa corrispondono 7-8 ammonizioni da parte degli ispettori ambientali, che svolgono anch’essi una funzione educativa».
Più complicato, invece, premiare i virtuosi, cioè chi differenzia bene e con accuratezza. A parte lo sconto della tariffa asporto rifiuti per chi fa compostaggio domestico, altre misure sono per ora di difficile applicazione. «Anche perché – precisa Andrea Razzini – nel 2020 cambia ancora una volta il metodo tariffario. Verranno applicati meccanismi più simili a quelli dell’acqua, dell’energia elettrica e del gas. Verrà azzerata la discrezionalità dei Comuni mentre l’obiettivo è che siamo tutti confrontabili, a livello nazionale. Si misurerà l’effettivo riciclo e non solo la percentuale di differenziazione; ma cambiando tutti i parametri non avremo più un riferimento: sarà un po’ come ripartire da zero».
Ragione per cui…? «Ragion per cui – conclude il direttore di Veritas – per ridurre ancora quegli 8 milioni annui spesi per la differenziata fatta male, io ormai mi sono convinto che non ci sia altra soluzione che… la nascita di Greta nelle coscienze di tutti».
Giorgio Malavasi