«Il nostro territorio si trova in larga parte sotto il livello del mare. Negli ultimi trent’anni il livello dell’Adriatico è cresciuto di circa dieci centimetri, ma i dati dimostrano che lo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia e Antartide sta accelerando ed è quindi doveroso chiederci: cosa potrebbe accadere nel nostro territorio? Tra trenta o quarant’anni potremmo trovarci di fronte ad un innalzamento del mare tale da sommergere le nostre città e campagne? Di fronte a questi problemi che riguardano tutti, e non solo gli agricoltori, non possiamo avere un approccio emergenziale. Chiedo quindi al Presidente della Regione e al Presidente della città metropolitana, riconfermati dalle recenti elezioni, di impegnarsi per un piano di lungo periodo volto alla messa in sicurezza delle aree che si trovano a livello del mare o al di sotto, visto che, a seguito anche dei cambiamenti climatici, l’innalzamento del livello dei mari è misurato in 3.5 millimetri all’anno ma è in continua accelerazione».
È la denuncia-appello che Marco Aurelio Pasti, presidente di Confagricoltura Venezia, lancia alle principali istituzioni del Veneto e del Veneziano.
Non solo però grandi opere a difesa delle aree che rischiano di più a causa dei cambiamenti climatici. Per far fronte alle nuove sfide, anche nel settore agricolo, è necessario un approccio pragmatico – prosegue Pasti – «nei confronti delle innovazioni che il progresso tecnologico e scientifico ci mette a disposizione per rendere le nostre coltivazioni in grado di produrre di più con meno risorse, cioè per esser più sostenibili».
In parte per via del climate change, ma soprattutto per altre azioni all’origine delle quali c’è l’uomo, il presidente di Confagricoltura Venezia rileva un’altra emergenza, che rende difficile e costosa l’attività imprenditoriale agricola: la fauna selvatica fuori controllo.
«E’ importante – aggiunge Pasti – l’adozione del nuovo piano faunistico venatorio che includa una più incisiva politica di gestione e controllo della fauna selvatica per affrontare quella che è diventata una vera e propria emergenza, che il lockdown ha accentuato. La legislazione vigente, che avrebbe dovuto controllare il fenomeno, ha fallito sia sul piano della prevenzione che su quello del controllo numerico e del risarcimento dei danni, tanto che oggi le imprese agricole sono esasperate dalla mancanza di strumenti adeguati ad arginare la presenza di tante specie. Nel Veneziano a pagare le conseguenze più gravi dell’invasione di cormorani sono le valli da pesca, depredate da questi uccelli che praticano la caccia di gruppo e possono danneggiare enormi quantità di pesce. Ma si segnalano anche danni per svariate centinaia di ettari di seminativi a causa delle oche che soggiornano in laguna. E non ci sono risarcimenti per i danni subiti. Inoltre danni gravissimi a carico della frutticoltura veneziana sono venuti dalla cimice asiatica che negli ultimi anni ha distrutto intere coltivazioni».
Confagricoltura Venezia chiede quindi che venga previsto lo stanziamento di risarcimenti nei confronti delle aziende danneggiate, ma in particolare che siano attuate misure di contrasto come l’utilizzo della vespa samurai per il contenimento della cimice asiatica.