Mangiano anche mezzo chilo di pesce al giorno ciascuno. E sono decine di migliaia. Parliamo dei cormorani, il nemico numero uno dei vallicoltori, che allevano pesce nelle valli da pesca della laguna di Venezia.
I cormorani sono oggi, probabilmente, il problema principale di un settore che avrebbe molte buone ragioni per difendersi e per espandersi. Confagricoltura, che raccoglie buona parte degli imprenditori delle valli da pesca, lancia l’allarme, per bocca del suo presidente, Giulio Rocca.
In un momento in cui le competenze istituzionali per il settore sono in fase di trasferimento dall’ex Provincia di Venezia alla Regione Veneto, i vallicoltori richiamano l’attenzione dell’opinione pubblica e della politica.
I cormorani, che erano poche unità fino a 30-40 anni fa e che si sono moltiplicati in questi ultimi anni, vanno contenuti nel loro numero e nella loro azione predatoria. Da specie in pericolo a specie debordante e pericolosa, sono un esempio di come gli equilibri ambientali vadano sempre tenuti sotto controllo, con una responsabilità crescente dell’uomo.
Ma secondo Matteo Poja, che guida la sezione Vallicoltura e Itticoltura di Confagricoltura Venezia, si tratta anche di promuovere un modello economico di rilievo: branzini, orate, cefali e anguille sono – sia pure con differenze – pesci richiesti e di ottima qualità. Inoltre la vallicoltura è una pratica a chilometro zero e realizzata nel rispetto dell’ambiente: il pesce di valle, infatti, non ha bisogno di mangimi o di trattamenti sanitari, come invece quello che proviene da allevamento intensivo. Una ragione in più, conclude Poja, per sostenere il progetto denominato “Ittico sostenibile”.