Un caldo autunnale sopra le medie stagionali che va ben aldilà della tradizionale “Estate di san Martino”. Un dato evidente del cambiamento climatico in corso che fa lanciare in prospettiva un grido d’allarme a Confagricoltura Venezia, oltre le cronache, seppure drammatiche, di questi giorni. Perché alle porte c’è un rischio davvero “apocalittico” per il nostro territorio che si trova già al di sotto del livello del mare e che, con lo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia, potrebbe venire sommerso nel giro di trenta, quarant’anni.
«Il nostro territorio – denuncia Marco Aurelio Pasti, vice presidente di Confagricoltura Venezia – si trova già sotto il livello del mare: nel Basso Piave siamo al di sotto di 4 metri. Negli ultimi trent’anni il livello dell’Adriatico è cresciuto di circa dieci centimetri, ma i dati dimostrano che i ghiacci della Groenlandia si stanno sciogliendo abbastanza velocemente ed è quindi doveroso chiederci: cosa potrebbe accadere nel nostro territorio? Tra trenta o quarant’anni potremmo trovarci di fronte ad un innalzamento del mare tale da sommergere i nostri territori? E di fronte a questi problemi che riguardano tutti, e non solo gli agricoltori, non si sta ancora prendendo alcuna decisione significativa».
«Eventi meteo sempre più estremi mettono a dura prova gli agricoltori», aggiunge Giulio Rocca, presidente di Confagricoltura Venezia: «Ormai possiamo toccare con mano i cambiamenti climatici, lo dimostrano anche le temperature al di sopra della media stagionale delle ultime settimane. Ci rendiamo conto che il nostro mestiere dovrà sempre più duramente fare i conti con nuovi fenomeni meteo. Il problema è che siamo disarmati».
Qualche esempio? A soffrire già per il caldo prolungato fuori stagione sono le colture autunno vernine, come l’orzo o il frumento, che si seminano ad ottobre e si raccolgono a giugno. «Il caldo – sottolinea Pasti – permette di proliferare ad insetti come gli afidi che, favoriti dalle alte temperature, mettono letteralmente le ali e volano trasportando virus anche pericolosi. E’ il caso del virus del “nanismo giallo”, che può attaccare l’orzo portando a perdere anche la metà del raccolto. Il frumento invece anticipa l’accestimento, cioè lo spuntare di più piante da un unico seme, e può anticipare la levata con la conseguenza che le spighe possono già formarsi prima dell’inverno e qualche gelata particolarmente intensa potrebbe danneggiarle».
Inoltre i cambiamenti meteo improvvisi, tipici del global warming, potrebbero non dar tempo alle piante di acclimatarsi al freddo, specie se le gelate intense non dovessero esser precedute da nevicate secondo il vecchio detto “sotto la neve pane”.
Anche le mele invernali, come la famosa Pink Lady, stanno soffrendo. «Il mancato sbalzo di temperatura che dovrebbe esserci tra le temperature più miti del giorno e quelle molto più basse della notte, blocca la fase di pigmentazione dei frutti», afferma Stefano Musola, presidente della sezione Frutticoltura di Confagricoltura Venezia. «Le mele sui rami restano bianche e non si produce la pigmentazione rossa caratteristica del prodotto. Se si continua così, si rischia di dover destinare almeno parte delle Pink Lady a prodotti dell’industria alimentare e non direttamente alla tavola dei consumatori».