La scorsa primavera non si trovavano neppure più le piantine. Tanta era la richiesta di piante di noci da parte degli agricoltori da non riuscire a trovarne più nei vivai.
La coltivazione del noce è, infatti, una delle poche nicchie che danno soddisfazione agli imprenditori agricoli oggi. Si direbbe che, insieme al prosecco, sia oggi la migliore opportunità, dal punto di vista economico e non solo.
Alessandro Gaggia (nella foto di apertura), con la sua tenuta “La Spiga” e i 120 ettari a Torre di Fine, coltivati a piante di noci, lo sa. È giovane e ha avuto la fortuna di ereditare una felice intuizione della famiglia: quella per cui, nel 1993, i primi 40 ettari – allora coltivati a peri – cambiarono destinazione e furono piantumati a noci.
Sì, perché ci vogliono cinque anni perché le piante giovani si sviluppino e inizino a produrre. Bisogna quindi avere pazienza e le spalle grosse, anche dal punto di vista aziendale, per poter vedere i risultati.
Risultati che oggi sono sono molto significativi: nei suoi terreni sono a dimora circa 40mila piante, che producono ogni anno circa 3mila quintali di noci. “La Spiga” è la prima azienda privata in Italia per produzione di questo frutto. «Quest’anno – sottolinea Gaggia in un incontro promosso da Confagricoltura Venezia – ce l’eravamo vista brutta, per via del clima, e temevamo di non produrre nulla; invece abbiamo limitato i danni a un -15% di produzione».
Dal punto di vista economico la soddisfazione c’è: le noci si vendono, all’ingrosso, a 7-8 euro al chilo. E non c’è problema a piazzare il prodotto: le noci italiane soddisfano appena il 10% del fabbisogno nazionale. Il resto viene tutto dall’estero.
Ma le condizioni fortunate di mercato permettono anche, a imprenditori come Gaggia, di investire nella ricerca e nel miglioramento della produzione, puntando innanzitutto alla qualità. Un esempio? I tre quarti delle noci prodotte nella tenuta “La Spiga” sono di varietà Lara, che dà una noce chiara e di sapore molto gradevole. Ma non tutti la pensano così: «Ad un convegno di nocicoltori statunitensi – ricorda Alessandro Gaggia – la mia scelta non è neanche stata presa in considerazione. “Tu hai una varietà che produce poco”, mi dicevano: “Quel che conta è la quantità”. Ed è invece per preservare la qualità delle mie noci che ho deciso, tra l’altro, di non venderle in sacchi grandi, da dieci chili. Così non si corre il pericolo che vengano mescolate, al dettaglio, a noci diverse».
Una scelta di qualità, che alla fine dà soddisfazione anche nei ricavi, e che pare essere seguita da altri imprenditori agricoli. In Veneto sono oggi coltivati 750 ettari, in decisa crescita: solo quest’anno se ne sono aggiunti 50-60. In particolare, la provincia di Venezia è la capitale regionale della noce, con 295 ettari coltivati e un raccolto di 1.165 tonnellate l’anno.
Giorgio Malavasi