Quando si tornerà a Messa? Dal vivo e dal vero, s’intende. Si fanno sempre più forti l’esigenza e il desiderio di tornare a partecipare alla liturgia eucaristica nelle nostre chiese. Perciò ci si domanda quando questo accadrà e si auspica che ciò avvenga il prima possibile. Con tutte le cautele, sia chiaro, non solo perché le norme lo prescrivono, ma perché è forte il senso di responsabilità, di attenzione al bene comune, in particolare nei confronti delle persone più fragili: la difesa della salute è un principio basilare per ogni credente.
Ma questo lungo digiuno eucaristico, accettato per senso di responsabilità e per rispetto delle istituzioni, è bene che volga al termine.
Per più ragioni. Intanto è nei fatti che la pandemia sta riducendo la sua virulenza. Lo dicono i numeri, in particolare in Veneto e a Venezia. Lo dice anche uno studio dell’Organizzazione mondiale della Sanità, che conferma il fatto che l’arco temporale della “fase uno” è di circa 70 giorni. Così è stato in Cina, così è stato in Corea e così sta accadendo anche in Italia e negli altri Paesi europei. Più di sessanta giorni sono ormai passati dai primi casi di Covid-19 nella Penisola. Quindi la pericolosità del ritrovarsi insieme in una circostanza pubblica va scemando e, con l’avvio di maggio, sarà probabilmente molto modesta.
Ma va considerata – è la seconda ragione – l’importanza del diritto basilare all’espressione della fede religiosa. Un diritto garantito dalla Costituzione della Repubblica e la cui tutela va assicurata, non appena ce ne siano le condizioni.
Né si può invocare il fatto che le celebrazioni, in queste ultime settimane, ci siano state e siano state condivise grazie ai media. Una modalità opportuna ma momentanea, che non sostituisce la vita comunitaria e sacramentale.
Si individueranno perciò le condizioni di massima garanzia – dal numero limitato di persone per ciascuna chiesa al distanziamento dei fedeli nei banchi all’aumento temporaneo del numero delle celebrazioni… – ma si deve poter tornare presto alla liturgia reale e comunitaria.
Così come si deve tornare presto a poter celebrare i funerali. Una delle privazioni che hanno raddoppiato il dolore di chi è stato privato in questo tempo di un proprio caro è stata quella di non poter partecipare alla cerimonia di congedo, con il conforto della preghiera e della presenza di parenti e amici.
Ma anche gli altri sacramenti – matrimonio, battesimo, comunione e cresima – hanno il loro compimento e la loro cornice adeguata nella celebrazione dinanzi all’assemblea partecipe.
Parimenti, allargando lo sguardo, si avverte con sempre maggior forza l’esigenza che altri spazi e altre iniziative della comunità ecclesiale tornino ad essere praticabili.
Pensiamo ai Grest e ai campi scuola, per esempio. Essi, oltretutto, non sono solo momenti formativi di grande rilievo, ma sono anche iniziative che – proprio in questa fase di ripartenza – risultano utili per le famiglie e graditi. Se i genitori tornano al lavoro e le ferie sono già state consumate perché questo è stato chiesto dalle imprese, Grest e campi scuola vengono incontro ai bisogni delle famiglie, che possono affidare i propri figli a contesti sicuri ed educativi. Naturalmente, si tratterà di usare una particolare attenzione, verificando la possibilità concreta di svolgere tale servizio dopo aver chiesto il consenso dei genitori.
Infine, ci permettiamo di dire sommessamente una cosa, tornando alla questione principe, del diritto di tornare a Messa. La domanda vien da sé da tempo: se è possibile andare in tabaccheria ad acquistare le sigarette, per qual ragione mai, pur usando ogni cautela, non si può partecipare ad una liturgia in chiesa?
Giorgio Malavasi