Solo la crescita è felice. La decrescita, invece, è certamente infelice. Non per tutti, intendiamoci, ma per i poveri sì.
Ci pare questa la riflessione di fondo che emerge con crescente nettezza di fronte ai dati economici e statistici, ma anche dinanzi ai pareri di economisti e istituzioni socio-economiche che, in questa settimana, si sono succeduti numerosi in Italia.
Crescita zero o leggermente sottozero o appena sopra la linea di galleggiamento? Queste sono le fotografie del Paese scattate in questi giorni.
Ci pare però sempre più difficile pensare che quel che succede in natura non sia la regola di fondo anche del vivere economico e civile. Ovvero: un organismo vivente che non cresce si indebolisce e implode. Tendenzialmente si spegne. Viceversa, se si sviluppa e cresce, sta bene e ha una vita di qualità. Vale anche per una società ed una economia. Ma far crescere le quantità oggi è processo che ancora più ineludibilmente di ieri è legato alla qualità. Un esempio? I margini di crescita enormi che ha l’edilizia se saprà proporre case a consumo zero e impatto minimo. Mestre, tanto per dire uno dei molti ambiti di applicazione, è una città da riqualificare in gran parte, proprio in questa direzione.
Ma anche la mobilità e i trasporti sono a un passo dalla svolta: mezzi innovativi, a guida autonoma e impatto ambientale minimo, rappresentano un mercato enorme per domani.
Ecco: questi e molti altri ambiti sono a portata di una crescita felice o, più modestamente, sostenibile. Comunque con il segno più. Un processo da cui possono trarre giovamento tanti, se non tutti.
Ci si rafforza l’idea, invece, che produrre meno (soprattutto senza innovare) e tornare sui nostri passi sia una mossa che può fare male soprattutto a chi è più fragile e con meno risorse. Perché è vero che la natura non fa salti, ma non ha neanche la retromarcia.
Giorgio Malavasi