Papa Benedetto l’aveva detto nella sua enciclica Caritas in Veritate. E Papa Francesco lo ha ribadito in tante occasioni e nei suoi principali scritti. Entrambi hanno cioè sottolineato che un’economia che abbia per obiettivo solo la crescita indefinita del profitto è un’economia destinata al tramonto, tra sofferenze e fallimenti.
Ma finché lo dicono due Papi o anche l’intera Chiesa cattolica la cosa fa poco scalpore e, purtroppo, produce un seguito limitato.
La novità significativa è che ora lo dica il mondo delle imprese. Di più: a dirlo e a scriverlo sono duecento fra le maggiori aziende degli Stati Uniti. È appena uscito, infatti, un documento frutto di “The Business Roundtable”, la “tavola rotonda” attorno alla quale si siedono le grandi multinazionali per capire cosa può fare bene al loro business.
Dal pensatoio del gotha del capitalismo Usa, che comprende anche le principali aziende di Wall Street – da Jp Morgan ad Amazon, da BlackRock a General Motors – esce questa tesi: per creare valore di lungo periodo le aziende non devono solo portare dividendi ai propri azionisti, costi quel che costi.
L’attenzione al profitto deve rimanere, sì, ma non può essere l’unica stella polare: vanno invece considerati con cura l’impatto sull’ambiente e sulle comunità locali, i rapporti corretti con i fornitori, il rispetto dei consumatori e le condizioni offerte ai propri dipendenti.
Una rivoluzione. Perché per la prima volta in maniera corale si arriva a dire che solo nel prendersi cura di tanti fattori si può fare durare a lungo un modello economico. E, soprattutto, si riesce a dare qualità alla vita dei suoi protagonisti.
La svolta – letta dal punto di vista dei grandi capitalisti – è che solo se viene garantita la qualità delle relazioni con gli altri attori del processo economico si realizza anche la durevolezza del vantaggio per gli azionisti.
Sembra quasi che il top dell’economia statunitense abbia finalmente capito la lezione della crisi del 2008, deflagrata perché l’economia globale aveva perso di vista la prima finalità del proprio esistere: soddisfare i reali e durevoli bisogni delle persone. Ci si è resi conto che avere come unico faro il profitto e l’arricchimento non paga. Anzi, che la si paga, tutti e duramente.
Una rivoluzione, insomma. Che, se vogliamo tradurla con un linguaggio più tipico del parlare cristiano, potrebbe suonare così: il nostro obiettivo è raggiungere la felicità e la felicità la otteniamo certo soddisfacendo i bisogni fondamentali, ma soprattutto realizzando un rapporto d’amore. Noi vogliamo essere amati e, per essere amati, l’unico modo che abbiamo è di amare gli altri: solo amando possiamo attenderci una risposta d’amore. In economia non è diverso.
Giorgio Malavasi