Secondo il nuovo aggiornamento del Bloomberg Bilionaire Index, il patrimonio dei 500 uomini più ricchi al mondo è di 5.300 miliardi di dollari. È cioè aumentato di ben mille miliardi di dollari, ovvero del 23%, rispetto al 2016.
+ 23% è una crescita percentuale colossale. Nessuna banca offrirebbe un incremento simile a qualunque risparmiatore “normale”. Ma anche pressoché nessun piccolo o medio imprenditore nostrano riteniamo possa dire di aver visto il proprio patrimonio crescere di quasi un quarto, in un solo anno, in forza del lavoro.
Ma i soldi fanno soldi, si sa. E non stiamo neppure a pensare a che cosa si potrebbe fare, con quei mille miliardi di dollari di nuova ricchezza, se usati per ridurre le povertà e le magagne del mondo.
Meglio allora consolarsi pensando che qualche soprassalto morale i paperoni ce l’hanno avuto.
È per questo che è nata The Giving Pledge, un’organizzazione fondata nel 2010 da Warren Buffet e dai coniugi Bill e Melinda Gates, allo scopo di coinvolgere altri ricconi affinché donino le proprie ricchezze ai bisognosi.
Oggi vi aderiscono 153 miliardari, il cui patrimonio complessivo supera gli 800 miliardi di dollari. Chi entra in questo club si impegna a devolvere in beneficenza almeno metà della propria ricchezza, dal momento in cui entra in The Giving Pledge al momento della morte.
Un modo non scontato e molto tangibile per ritornare al pianeta e all’umanità una parte della ricchezza accumulata. Bene. Un neo tutto nostrano però c’è: nella lista del 153 non figura neppure un italiano. Neppure i primi tre miliardari tricolori: Giovanni Ferrero, Leonardo Del Vecchio e Silvio Berlusconi.
Un suggerimento? Se non desiderano aderire all’organizzazione filantropica a stelle e strisce, ne creino una nostrana. Il principio dell’equa ripartizione dei beni e quello della solidarietà verso chi ha bisogno non conosce frontiere né differenze di lingua.