Pattuglie, sequestri, arresti. Non si ferma l’attività del Comune e delle forze dell’ordine per contrastare lo spaccio di sostanze stupefacenti in città, soprattutto a Mestre nella zona della Stazione e al Parco della Bissuola (nonostante l’abbattimento dei cubi…). Dall’altra parte, però, non si ferma neppure l’attività degli spacciatori che resistono nel loro “presidiare” queste zone, con tanto di sentinelle, per proseguire più o meno indisturbati nella vendita delle sostanze. Il mercato è florido, non c’è alcun dubbio.
Allora viene da pensare che, accanto all’azione assolutamente condivisibile di contrasto e repressione, non sia da mettere in campo una serie di politiche di prevenzione, rivolte più che altro ai “consumatori”. Cominciando dai più giovani e da quelle fasce – adolescenti o poco più – che sono più a rischio di cadere nel tranello della scorciatoia – a base di sostanze – per raggiungere la felicità. Occorre allora mettere in campo azioni (trovando le risorse) per riempire di senso il vuoto che troppo spesso vivono i ragazzi dopo la scuola: vuoto di attività, vuoto di relazioni, vuoto di affetto.
L’Islanda, per citare un esempio concreto, lo ha fatto ed è riuscita ad abbattere le percentuali di giovani dediti al consumo di alcol e droga. Come? Attivando in modo massiccio una serie di attività extrascolastiche di ogni tipo, da quelle sportive a quelle artistiche, permettendo così ai ragazzi di stare insieme e di trovare quel senso di benessere psico-fisico, che altrimenti avrebbero ricercato nelle sostanze. Allora qui da noi si può cominciare da alcune proposte, in una sorta di alleanza tra pubblico (scuola, politiche sociali, politiche giovanili) e privato sociale (patronati, società sportive) perché nessuno rimanga da solo per strada, finendo per ricercare facili, quanto pericolose, distrazioni.
Un’alleanza che deve necessariamente coinvolgere i genitori: perché siano più presenti, se non fisicamente, visto che tutti bene o male devono lavorare, almeno moralmente. «Io ci sono, non sei solo»: potrebbe essere questo, più o meno, il messaggio da trasmettere.
Serena Spinazzi Lucchesi