«Voglio parlarti, capire perché tu mi voglia uccidere, visto che sono negra. Sono impaurita, non perché io abbia paura di essere uccisa, ma mi spaventano le ragioni per cui verrei uccisa. Come puoi pensare di uccidere qualcuno solo per il colore della pelle?».
È uno dei passaggi più forti della lettera che Leaticia Ouedraogo, 20 anni, originaria del Burkina Faso, studentessa di Lingue a Ca’ Foscari, ha scritto «al mio coetaneo razzista e fascista» che, nei bagni dell’università, ha scritto sul muro “Uccidiamoli tutti ’sti negri”, con tanto di svastica e di lode a quel disgraziato di Macerata che ha sparato a casaccio su persone di colore.
Colpisce l’imbecillità di chi ha scritto minacce di morte contro chi ha la pelle di colore diverso. E colpisce la fermezza pacata e ragionevole di Laeticia, che prova pena per il coetaneo e gli scrive «Non devi uccidere me, devi uccidere quel mostro oscuro che si nutre delle tue paure e della tua ignoranza, ma anche della tua ingenuità».
Ma viene soprattutto da sottolineare una cosa: che ragazze come Laeticia sono una ricchezza per l’Italia. Sono l’Italia. E sono la dimostrazione che esiste una generazione di giovani di origini diverse, nati in Italia o giunti tra noi da bambini, che hanno cultura, piena padronanza della lingua e desiderio di costruire una porzione di bene comune nel nostro Paese. Riconoscerglielo, in forma di ius soli o di qualsiasi altra attestazione di piena integrazione, è solo agire con realismo.
Giorgio Malavasi