Punto primo: se hai in mano una fionda e di fronte uno che ti sta molto antipatico, tutt’al più gli lanci un sasso con la fionda e gli procuri un bernoccolo in fronte.
Se hai in mano un fucile automatico, ne uccidi 17, come quel matto che ha fatto una strage, mercoledì 14, in una scuola in Florida.
È una questione di strumenti, quindi, ma solo in parte. L’ennesima strage fatta da un giovane statunitense ha a che fare con la disponibilità sciaguratamente amplissima di armi da fuoco.
Ma questa disponibilità, che nessun Presidente Usa è riuscito a limitare – e che l’attuale, anzi, si impegna ad accrescere – non è l’unico male.
C’è un male più nascosto e profondo, che si chiama carenza di cultura. Perché, sotto sotto, in molti statunitensi ci sta l’idea che lo stare insieme è cosa che si regola con la forza. E che la forza si misura sulle armi di cui si dispone.
Quest’idea del come ci si relaziona fra persone ha molto a che fare con il Far West e, con rispetto, ha uno spessore culturale molto modesto.
Bisogna riuscire, negli Stati Uniti (e non solo là), a convincere che c’è di meglio. Cioè che i rapporti sociali hanno anche regole basate sul rispetto, sul confronto delle idee, sulla capacità di convincere o di pazientare, sul compromesso buono e sulla condivisione… Soprattutto bisogna convincere, con i fatti, che un sistema sociale basato non sulla forza del mitra, ma su quella di parole ed emozioni, conviene.
La Chiesa statunitense ha una grande opportunità per mostrare quanto sia migliore il modello di vita che propugna e che trae linfa dal Vangelo.
Giorgio Malavasi