È possibile continuare a parlare di bellezza? Su questo tema vi sono discordanti visioni e soprattutto il clima nel quale viviamo, sul piano politico, socio-economico e dei rapporti internazionali genera sfiducia e semmai invita a constatare amaramente la “bruttezza” di questo momento storico.
Dovendo accompagnare i nostri seminaristi nelle loro giornate di ritiro spirituale di metà Quaresima presso una casa di spiritualità ad Asolo mi sono reso conto ancora una volta di quanto siamo fortunati e di quanta bellezza ci è stata donata non solo dalle generazioni passate (pensiamo alla meravigliosa Assunta del Lotto proprio nella cattedrale asolana) ma anche da una natura generosa ed espressiva: il creato ci parla della gratuità immensa dell’amore di Dio e ci partecipa un senso di armonia che ci riconcilia con le nostre preoccupazioni e tensioni. Prima ancora di definire la bellezza, prima ancora di accordarci su cosa è bello e cosa non lo è, dobbiamo lasciarci conquistare da ciò che ci partecipa la serenità del pulchrum in ogni sua espressione.
In questa direzione possiamo constatare che spesso il Santo Padre Francesco, per la cui salute dobbiamo continuare a pregare, usa categorie estetiche nelle sue omelie o discorsi: “E questo è bello… e questo è brutto”. Non credo lo faccia per una studiata povertà di linguaggio, anzi, sapientemente il Pontefice sa che queste categorie toccano direttamente il cuore dell’uomo molto più di una esortazione moralistica. Il Papa sa che la bellezza è performativa.
L’occasione preziosa, prima nella storia, di avere la Cappella musicale pontificia Sistina a Venezia per i cinquecento anni di Palestrina ci ha ricordato che la bellezza del canto sacro ha un grande valore non solo liturgico e culturale (e già questo sarebbe sufficiente per restaurare il canto sacro dai molti abusi e dalle brutture contemporanee), ma anche un valore curativo e oserei dire “medicinale” per il cuore dell’uomo in questa stagione storica. Non possiamo nutrirci solo di cattive notizie e serie televisive. Non possiamo educarci solo alla disperazione alla paura. La bellezza della musica, e della musica liturgica in particolare, è un balsamo per le nostre ferite e ci apre alla gratitudine e alla gioia.
Qualcuno potrebbe obiettare: va bene, tutto interessante, ma queste espressioni dell’arte musicale non sono inutili “giocattoli costosi”? Risponde a queste obiezioni Papa Francesco nel discorso per il Giubileo degli Artisti dello scorso febbraio: «L’arte non è un lusso, ma una necessità dello spirito. Non è fuga, ma responsabilità, invito all’azione, richiamo, grido. Educare alla bellezza significa educare alla speranza». Il Papa ha poi una frase che è quasi un manifesto programmatico: «Gesù proclama beati i poveri, gli afflitti, i miti, i perseguitati. È una logica capovolta, una rivoluzione della prospettiva. L’arte è chiamata a partecipare a questa rivoluzione».
Marco Zane