Mentre Gente Veneta va in stampa, mercoledì 30 pomeriggio, la situazione politica è quanto mai incerta. Di sicuro abbiamo visto tramontare il governo gialloverde Salvini-Di Maio. Almeno la versione “1.0”, con la lista dei ministri presentata dal Premier incaricato Giuseppe Conte al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Quella lista conteneva il nome di Paolo Savona, economista noto per il suo euroscetticismo, indicato al dicastero dell’economia. Un nome rigettato dal Capo dello Stato, che ha fatto valere le sue prerogative, contemplate dalla Costituzione.
Il Presidente Mattarella aveva, peraltro, proposto nel ruolo di ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, vicesegretario di Salvini. Ma Lega e Cinque Stelle hanno fatto saltare il banco: o Savona o niente. E allora niente, ha risposto, per così dire, Mattarella.
La palla è passata così a Carlo Cottarelli, al quale il Capo dello Stato ha chiesto di verificare la possibilità di un governo “tecnico” o del Presidente, che possa traghettare il Paese fino a prossime elezioni, da tenersi addirittura a fine luglio (ma anche quest’ipotesi ondeggia e traballa; e ci pare solo buon senso che tramonti).
Anche l’ipotesi Cottarelli, comunque, sembra andare incontro al crepuscolo, in favore di un governo gialloverde versione “2.0”. Salvini e Di Maio, dopo aver attaccato pesantemente il Presidente della Repubblica, invocando l’impeachment, sono tornati a più miti consigli. Probabilmente condizionati dalle nuove proiezioni dei sondaggi. Si ipotizza persino il “ripescaggio” di Conte…
In questo divenire così fluido (che può anche non essere un male), sentiamo però il bisogno di ricordare a chi deciderà che ci sono dei “paletti” che non si possono scavalcare a suon di “capriole”.
La situazione è inedita. Era dai tempi del duopolio Dc-Pci che non si avvertiva la sensazione che un cambio di Governo può significare il cambio del modo di vivere individuale e collettivo.
Perciò il senso di responsabilità – finora dimostrato, quasi in solitudine, dal Presidente della Repubblica – dovrebbe invece essere la “lente” con cui tutti i partiti guardano al futuro dell’Italia e della sua governabilità.
E l’Europa unita e l’euro, dipinti troppo spesso come un male, andrebbero visti con un po’ più di razionalità: sono ciò che ci consentirà di non diventare irrilevanti nel panorama globale.
Tornando allo scenario interno, calcoli partitici e di potere, basati su sondaggi e sensazioni, sono i peggiori consiglieri. Oltretutto, guadagnare qualche punto percentuale (come immagina qualche leader di partito) non equivarrà alla conquista del Governo. Ci pare che solo una nuova legge elettorale maggioritaria possa garantire governabilità ad un panorama politico sempre più complesso. Ma il faro deve restare il bene di tutti e di ciascuno. I partiti lascino a casa le calcolatrici. Soprattutto oggi.
Giorgio Malavasi – Serena Spinazzi Lucchesi