Non può essere solo una questione di telecamere. Né di cancelli, reti e divieti dappertutto. La sicurezza e la crescita serena dei nostri ragazzi non può neppure essere sempre più delegata allo Stato o alle istituzioni. Alle famiglie l’impegno – faticoso, certo, ma anche realizzante – di essere custodi dei propri figli.
Viene da pensarlo, in questi giorni in cui si sono succeduti, anche nel nostro territorio, fatti drammatici e in due casi purtroppo tragici. Pensiamo alla morte del 13enne schiacciato da un muletto, in un cantiere alla Marittima; ma anche al 15enne morto in provincia di Milano, precipitato dal tetto di un centro commerciale, di notte, dopo esservi salito per farsi un selfie dall’alto. E viene in mente anche l’episodio di violenza sessuale di poche settimane a fa in spiaggia a Jesolo, ai danni di una 15enne.
Forse è bene ricordare una cosa banale, ma che non è acquisita una volta per sempre. Cioè il fatto che agli adolescenti viene naturale trasgredire, per affermare la propria identità e testare i propri limiti; ma ai genitori va il compito di contenere, perché la libertà e la maturazione dei figli si realizzano solo se c’è un alveo entro il quale cimentarsi.
Questa dinamica dei ruoli non è, appunto, garantita in ogni tempo. Va, semmai, ricostruita e riconquistata ad ogni nuova generazione. Va perciò fatta un’adeguata “manutenzione” del rapporto genitori-figli ad ogni ricambio generazionale.
Soprattutto va superata la tentazione di rinunciare al ruolo educativo e contenitivo dell’essere papà e mamme, delegandolo ad altri.
Perciò, riteniamo, non serve a granché invocare nuovi sistemi di sicurezza, più occhi elettronici, recinzioni più alte, cancelli più robusti… Né si può caricare di responsabilità le aziende che non controllerebbero a sufficienza i propri spazi: sul tetto di un supermercato, dove è vietato andare, non ci si va, punto e basta.
Al più, sta allo Stato – ma anche alle realtà sociali e culturali o alla Chiesa nelle sue articolazioni (parrocchie, gruppi, associazioni…) – di sollecitare la “manutenzione ordinaria” e la formazione continua alla buona interpretazione dei ruoli in famiglia.
Giorgio Malavasi