Un uomo attraversa la strada, sulle strisce, e un’auto lo investe. Per fortuna l’auto frena e il danno al pedone è contenuto. Un amico gli domanda: «Ma perché, se hai visto che l’auto non voleva darti la precedenza, anche se eri sulle strisce, non ti sei fermato?». “Perché avevo ragione”, risponde l’investito.
Viene da pensare a qualcosa del genere leggendo delle proteste contro il salvataggio delle banche venete. Dal presidente della Regione Puglia ad ambienti ben più vicini a noi, arrivano critiche al decreto del Governo sulle banche. Due le ragioni: il mancato sostegno a migliaia di risparmiatori – azionisti e obbligazionisti – e l’onere pesante che lo Stato dovrà sostenere nel salvataggio.
Non facile giudicare nel merito. Ma la sensazione è la stessa che si ha di fronte al pedone investito: avrà anche avuto ragione, ma alla fine i danni sono suoi. Meglio portare a casa la pelle, anche se non tutto è andato come la regola avrebbe prescritto.
Ma i critici non pensano che poteva andare tutto a rotoli? Con effetto domino sulle altre banche del Paese? E non pensano che lo Stato ha salvato anche Mps? E che nel caso delle venete è riuscito a mettere in campo un istituto privato come Intesa, che invece non ha abboccato di fronte alla banca di Siena?
L’ottimo è nemico del bene. E i salvataggi spesso si fondano anche su compromessi. Cose dolorose e imperfette, ma piuttosto di affogare…