È il momento, a Venezia, per un esame di coscienza e per uno scatto di orgoglio. Lo diciamo pensando all’indagine resa pubblica lunedì scorso dalla Guardia di Finanza e dai magistrati, che hanno fatto emergere un sistema ingegnoso e truffaldino. Otto vetrerie muranesi sono sotto indagine per evasione fiscale: grazie all’accordo con un cambiavalute, in quattro anni avrebbero nascosto al fisco vendite di vetri per una trentina di milioni di euro. Cioè avrebbero evaso imposte per circa sei milioni di euro.
Fatta salva la presunzione di innocenza, per cui ogni giudizio definitivo va rimandato, una considerazione, però, non si può non fare. Gli indagati non sono né sbandati né rubagalline, né migranti barbari né emarginati sociali. Sono, invece, i titolari di rilevanti vetrerie. Persone, cioè, che costituiscono parte importante della spina dorsale dell’economia e della società cittadine.
Perché farlo, dunque? La magistratura ne appurerà i motivi. Ma la sensazione più sgradevole e allarmante è che, ancora una volta, la ragione di tanta illegalità sia il desiderio di arricchirsi sempre di più. E allora non si bada più alle regole e non si guarda più in faccia alle persone. Con il risultato che il conto in banca cresce ma, spesso, si tramuta in cenere. E non è che il ricco, che si è arricchito così, sia più felice.
«L’illegalità, porta alla corruzione della persona e della società. L’illegalità è come una piovra che non si vede: sta nascosta, sommersa, ma con i suoi tentacoli afferra e avvelena, inquinando e facendo tanto male»: lo ha detto Papa Francesco. E queste parole sono illuminanti e monito.
A Venezia ci sono tantissime persone oneste e laboriose; ci sono però anche quelle che trascurano o relegano in un angolo la legalità in vista del massimo profitto. Così facendo rendono debole la città. E, negli anni, in tanti ambiti, gli effetti di comportamenti di questo tipo (che non sono solo di oggi) si vedono. La stessa ininterrotta perdita di residenti ha, almeno in parte, questa radice.
La città onesta, cioè la gran parte, ci pensi e insorga. E costruisca sempre più cultura della legalità per rinsaldare il lavoro e il benessere individuale e sociale. Cioè per fare manutenzione buona alla città, senza dover chiedere aiuto a Guardia di Finanza e magistratura.
Giorgio Malavasi