La narrazione giornalistica di questi giorni racconta di un tempo – quello dopo il Coronavirus – nel quale nulla sarà più come prima: per l’uomo cambieranno i punti di riferimento, le relazioni sociali, i rapporti con l’ambiente…
Non sono così ottimista, perché mi pare che l’uomo abbia la memoria abbastanza corta e dimentichi presto gli insegnamenti che gli possono venire dalla sua stessa storia. Tuttavia, se qualche cambiamento ci sarà, accadrà solo se cercheremo di dare a questa tragedia una lettura culturale e quindi spirituale, accettando il fatto che la pandemia non è soltanto una questione di numeri – contagiati, morti, guariti, danni concreti all’economia…- ma di ‘senso’.
Propongo una lettura strettamente legata al rapporto tra l’uomo e il pianeta. La terra è un ecosistema complesso nel quale tutti gli attori – uomini, animali, piante, natura… – sono alla continua ricerca di un equilibrio che non è mai perfetto, ma che permette loro di vivere. Mai come negli ultimi cent’anni l’uomo ha esercitato un dominio quasi assoluto sugli altri attori dell’ecosistema, nella continua ricerca di rendere più facili le condizioni della propria esistenza. Ha chiamato questa attività “progresso”.
Il “progresso” si è sviluppato a vantaggio esclusivo degli umani e a svantaggio degli altri attori dell’ecosistema. Quando uno dei molti piatti della bilancia del pianeta pesa troppo a svantaggio degli altri, gli altri reagiscono difendendosi e tentando di instaurare nuovamente l’equilibrio. Certo, questo presuppone che l’ecosistema abbia, se non un’intelligenza propria, una propria logica. Può non averla un sistema tanto complesso e delicato qual è la terra, nel quale ogni componente è strettamente connesso e interagisce con gli altri?
La pandemia potrebbe quindi essere interpretata come una reazione di autodifesa da parte dell’ecosistema-pianeta di fronte all’attore-uomo che, esercitando su di esso un dominio preponderante, mette a rischio la sopravvivenza degli altri attori e, più o meno consapevolmente, la sua stessa sopravvivenza: un attacco degli altri attori dell’ecosistema che, attraverso il virus nuovo, tentano di bloccare l’attività dell’uomo che percepiscono a loro volta come un ‘virus’, capace di mettere in pericolo la vita del pianeta.
Detto semplicemente: la natura si ribella in questo modo all’uomo che la sta distruggendo.
In proposito sono molto interessanti alcune notizie apparse in questi giorni sui social: nel porto di Cagliari e nella laguna veneziana sono ricomparsi i delfini, le lepri hanno invaso alcuni parchi a Milano, un branco di anatre cammina dondolando per una strada centrale di Padova, l’acqua dei canali di Venezia torna limpida, i livello di Pm10 scende drasticamente dove gli uomini sono costretti all’isolamento. La natura si riprende con una velocità sbalorditiva gli spazi che l’uomo le ha sottratto!
Interpretato come uno strumento di ricerca di un nuovo equilibrio, interna all’ecosistema del pianeta, il Covid19 mette in discussione in maniera decisiva il ‘progresso’ dell’uomo. Se ‘progredire’, cioè ‘andare avanti facendo tesoro dell’esperienza’, è connaturato nel DNA dell’umanità, per imparare da questa drammatica esperienza gli uomini dovranno riformulare le modalità del ‘progresso’. Non potrà più essere, come i movimenti ambientalisti stanno dicendo da anni, palesemente contro l’ambiente, la natura, l’ecosistema, perché in questo caso essi troveranno ancora il modo di difendersi. Un ‘progresso’ a misura d’ambiente si rivelerà anche più misura d’uomo.
L’isolamento al quale il virus ci ha costretti, ha rallentato il tempo, reso meno frenetiche le giornate. Non è quello che di solito invochiamo: non essere schiavi del ritmo stressante cui lo stile di vita della nostra epoca costringe, curare maggiormente le relazioni umane? Una società rispettosa dell’ambiente, con uno stile di vita meno stressante, più misura d’uomo, sarà inevitabilmente più povera: dovrà avere cioè uno stile di vita più essenziale, più vicino alla natura, meno tecnologico. Cosa questo comporti tutto questo, ancora non lo sappiamo, anche se in questi anni vi sono stati alcuni movimenti che hanno provato a delineare un mondo che cammina in questa direzione (es.: “Decrescita felice”).
Ciò che importa, invece, è incominciare fin d’ora a pensare al cambiamento, se vogliamo davvero cambiare!
Sandro Vigani