Proposta: fissare un contributo dello 0,1% sul valore di compravendita di ogni appartamento non destinato a residenti, a Venezia. E con quei soldi sostenere la presenza di cittadini stabili nella città storica.
Quel numerino, 0,1%, corrisponderebbe a circa un milione e mezzo all’anno. Sì, perché mentre la città si svuota di residenti – si è appena scesi sotto quota 54mila – il mercato immobiliare va a gonfie vele. Nel 2016, secondo un rapporto realizzato da “Scenari immobiliari” in collaborazione con Casa.it, la compravendita di appartamenti ha segnato un aumento dell’11,6%, per una metratura di 300mila metri quadri e un valore di 1,6 miliardi di euro.
Si vendono soprattutto appartamenti piccoli, tra i 40 e 60 metri quadrati, con intento di investimento. Significa che si ritiene utile avere un patrimonio di mattoni a Venezia, da cui ricavare reddito gestendolo come camere per turisti. A sentire gli operatori, molti acquirenti verrebbero dal Veneto e, magari delusi dalle banche, punterebbero sulla proprietà immobiliare.
Si intende qual è la logica che sottostà a questo scenario? Una logica largamente fatta di danaro e di interessi orientati al bene materiale. Non è che questo sia un male assoluto, ma ci pare che persista la miope sottovalutazione di che cosa comporterà, nel medio termine, questo trend: la fine della città come sistema di relazioni umane stabili. Fatichiamo a pensarlo come un bene.