La mafia c’è anche al Nord. Quante volte l’abbiamo sentito dire. Magari da don Ciotti ospite in parrocchia o a scuola. E noi veneti ad annuire silenziosamente, pensando però: ok, la mafia ci sarà pure anche qui da noi, ma chi l’ha vista veramente? Starà facendo qualche affare sottobanco, legato soprattutto al traffico di droga, ma finché non spara per strada o non chiede il pizzo ai nostri negozi con metodi violenti, rimane una presenza astratta. Forse neppure così vera. E invece la mafia c’è. Ed è a un livello veramente preoccupante.
Lo dice l’indagine – tutta da appurare in sede processuale, ovviamente – che martedì all’alba ha portato a 50 misure cautelari tra il Veneziano e Casal di Principe. Sì, proprio il regno del clan dei casalesi. Arresti pure eccellenti, visto che figurano avvocati, commercialisti e persino il sindaco di Eraclea Mirko Mestre, mentre il suo vice, lo storico primo cittadino Graziano Teso è stato colpito “solo” da un avviso di garanzia, perché indagato.
Le indagini del sostituto procuratore veneziano Roberto Terzo sono durate anni. Si è mossa ovviamente l’Antimafia nazionale e l’ordinanza, emessa dal gip Marta Paccagnella è un fascicolo di oltre mille pagine. Ne esce un quadro inquietante, fatto di investimenti nel campo edilizio, ma anche estorsioni per recuperare crediti e, si legge, anche il voto di scambio per garantirsi l’adeguata copertura politica.
La mafia c’è, solo che da noi mette il vestito buono, la cravatta e la 24 ore contenente soldi: soldi sporchi da riciclare nel mattone.
E allora dobbiamo svegliarci, non fare più finta di non vedere. Aprire non due, ma cento occhi, ogni qual volta si profili all’orizzonte una operazione edificatoria di un certo livello. La sensibilità sociale, qui da noi, è forte, non c’è ancora la rassegnazione – e la paura – che tiene alcune zone del Sud sotto scacco. Ma non possiamo più fare finta di nulla. Né tantomeno accettare di essere complici di operazioni allettanti, sul piano economico, ma poco trasparenti. Non possiamo più girarci dall’altra parte.
Serena Spinazzi Lucchesi