Fare l’esperienza di Abramo, nostro padre della fede. È questo l’invito del Patriarca Francesco rivolto – nel corso dell’omelia di questa mattina – ai tanti fedeli riuniti nella chiesa parrocchiale di S. Francesco d’Assisi, a Ca’ Savio. Al termine delle due settimane di Visita pastorale nella collaborazione di Cavallino-Treporti è a loro – ed alla comunità tutta – che mons. Moraglia ha voluto infatti consegnare una figura biblica emblematica, nella quale è racchiuso il vero senso del nostro essere cristiani.
«Ogni domenica la liturgia ci indica una strada ed io vorrei che quella di oggi rimanesse come icona, come segnale per la strada da percorrere», commenta il Vescovo di Venezia, facendo riferimento alla prima lettura della Genesi. «All’età di 75 anni – continua – Abramo sente la voce di Dio che gli dice:“Lascia la tua terra e va’ dove io ti indicherò”. Ciò che Abramo lascia non sono tanto la sua terra o la sua gente, quanto piuttosto i culti idolatrici. Oggi tante cose nel mondo vanno male proprio perché certi uomini vivono di idoli; pensiamo per esempio al denaro o al successo».
E la fede di Abramo va oltre, arrivando persino ad accettare il sacrificio di quel figlio che tanto amava, che rappresentava il senso dell’intera sua esistenza. Ed è proprio in quel momento che Dio lo ferma, poiché consapevole di quanto il suo essergli fedele sia sincero. «Cari amici e cari amiche, all’inizio della collaborazione pastorale – conclude il Patriarca – sta un’unica cosa: la nostra fede. È cercando di vivere l’esperienza di Abramo che la nostra comunità diventa una comunità nuova, credibile perché credente. Appartenere a Dio significa essere più uomini, più donne. Delle volte pensiamo che ciò che che diamo a Dio lo sottraiamo alla nostra umanità, alla nostra felicità; ma questa è la conversione vera della Quaresima, che ci deve portare ad appartenere di più a Dio. Capite allora che i problemi della vita, certo, rimangono, ma sono illuminati da una luce nuova: la luce della fede di Abramo».
Marta Gasparon