Mercoledì sera, le luci della Basilica illuminavano la varietà di colori e stili delle diverse confessioni, ma anche tanti volti dolenti, accomunati dalla preoccupazione per una guerra che speravamo di non vedere.
Veniva dal Consiglio Locale delle Chiese (CLCC) l’invito alla preghiera per la pace in Ucraina del 2 marzo, in Basilica di S. Marco. Erano quindi unite nell’invocazione al Signore della pace le varie realtà membro del CLCC, dalla chiesa Luterana ed a quella Valdese-Metodista, alle diverse presenze ortodosse – Rumena, del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, Russa – assieme naturalmente a quella cattolica. Al loro fianco anche la Chiesa Battista – prossima al reingresso nel CLCC – e le comunità greco-cattoliche: quella armena e (quasi ospite d’onore) quella ucraina.
«Vogliamo domandare assieme il dono della pace» introduceva l’evento don Francesco Marchesi, e nel farlo «ci scopriamo fratelli e bisognosi dell’infinita misericordia di Dio». Nello stesso senso andava la preghiera di apertura del Patriarca Moraglia: «Rivolgiamo al Padre di tutti i popoli, gli uomini, di tutte le donne l’invocazione “aiutaci a riscoprirci fratelli e sorelle in un tempo difficile” per “riscoprire la fraternità come cifra unica della vita”».
In tale spazio si sono così alternate – ognuna con la propria specificità – le voci di preghiera delle diverse comunità. Così il pastore valdese Fabio Traversari ha fatto riferimento al Salmo 85, un canto al Dio di pace denso di «immagini che sostengono la nostra speranza per un futuro di pace», invitando a «osare la pace per fede», mentre il pastore battista Nicola Lariccia ha citato Martin Luther King ed il suo invito «operare per un mondo senza guerre».
Yaroslav Chaykivskyyha della comunità greco-cattolica ucraina di Venezia ha invece affidato al canto la sua commossa, intensa, ripetuta invocazione «Signore Gesù Cristo figlio di Dio abbi pietà di noi peccatori». Suggestivo pure il riferimento dell’anglicana Lucinda Leard della cattedrale episcopalina di Parigi al «Regno in cui non viene sguainata alcuna spada, se non quella della giustizia».
A concludere ancora il patriarca Moraglia ha assicurato alla Comunità ucraina che «la nostra preghiera continuerà a bussare alle porte dell’Unico che può dare la pace».
Simone Morandini