«Ognuno di noi porta dentro di sé un po’ di Giuseppe. Perché Giuseppe è stato chiamato a misurarsi con il mistero di Dio. E aveva una situazione diversa rispetto a Maria, la quale era più nelle condizioni di comprendere il Mistero grande di Gesù».
È un passaggio dell’omelia del Patriarca Francesco, pronunciata durante la Messa che ha concluso, nel tardo pomeriggio di domenica 5, la Festa diocesana della famiglia, nella chiesa del Sacro Cuore a Mestre.
La Festa ha avuto come momento introduttivo il monologo dell’attore Pietro Sarubbi, il Barabba di “The Passione” di Mel Gibson; un monologo tutto incentrato sulla figura di Giuseppe e sul ruolo del padre.
Giuseppe, per Sarubbi, ha vissuto pienamente la propria umanità: «Ha vissuto all’interno di un accadimento non facile. Era un uomo normale con una vita normale. Uno tranquillo, amante del lavoro e della preghiera. Ma a un certo punto, dentro la sua vita, piomba la volontà divina».
Maria era santa già da bambina, rileva l’attore: «Per me è affascinante che Giuseppe, invece, coltivi questa santità partendo da una concreta umanità. Questo lo rende santissimo. Lui era composto di santità: carne, lavoro, preghiere, preoccupazioni. In lui c’è tutto un cammino di cambiamento, conversione. Non che prima non fosse religioso, ma da religioso a mistico la strada è stata importante. Una conversione intesa, intesa come l’andare verso una nuova direzione. Questo lo porta a fare i conti con il fatto di avere un figlio speciale. Ed essendo lui un uomo normale, ha vissuto la semplicità di questa eccezionalità».
Da attore che sa conquistare il pubblico, comunicando un significato, Sarubbi usa anche l’arma dell’ironia e della simpatia. Come quando racconta di Gesù che resuscitava anche gli uccellini colpiti dalla fionda dei suoi amichetti di strada. Giuseppe, che non voleva svelare la straordinarietà del figlio, diceva a Gesù amorevolmente e con imbarazzo: “Resuscitali in camera tua non davanti a tutti”
«Giuseppe – ha proseguito il Patriarca – era più in difficoltà di Maria, preso com’era dalla carne peccatrice di Adamo. Oggi abbiamo visto quante volte l’attore Pietro tornava sul tema: “Gesù mi diceva che doveva andare e io, Giuseppe, cercavo di trattenerlo”. Ognuno di noi, nella sua vocazione, ha dentro di sé un po’ di Giuseppe».
«Perciò – ha concluso mons. Moraglia – dobbiamo metterci come lui nella condizione di chi si misura con un dono sempre più grande delle sue possibilità e che chiede di crescere, mettersi in una strada indicata, per lasciarsi guidare».
Giulia Busetto