«A Natale salta ogni schema e Dio entra in rapporto con l’uomo, in maniera inimmaginabile, come Lui vuole; a Natale Dio va oltre quello che l’uomo può pensare. E Dio – questo è il Natale – ci incontra nel modo più umano».
È uno dei passaggi centrali dell’omelia pronunciata nella mattina di Natale, in basilica di San Marco, dal Patriarca Francesco.
«Con Papa Benedetto e Papa Francesco – sottolinea il Patriarca – diciamo che Dio non può essere ridotto a un’etica o a una delle tante filosofie; al contrario, Dio si dona a noi perché Dio è colui che ci viene incontro e, in modo incessante, ci ricerca fino a farsi uomo, fino a prendere una carne umana. Dio è Colui che cerca l’uomo per fare comunione con Lui; Dio viene incontro all’uomo e l’appuntamento tra Dio e l’uomo avviene in Maria di Nazareth, la Vergine Madre».
Ed è perciò che nella Incarnazione salta ogni schema e ogni logica umana: «L’uomo diventa la passione di Dio e nell’incarnazione Dio incontra l’umanità nel modo estremo, definitivo, totale; tutta l’umanità, ogni uomo, tutti i popoli, ogni cultura. Tutto viene sanato, salvato e reso felice dal Bambino di Betlemme. A Natale realmente, e in modo visibile, scopriamo che l’uomo interessa a Dio e Dio, nascendo bambino, si fa carico di “tutto” l’uomo. “Tutto” l’uomo: concepimento, nascita, vita, morte. Tutto l’uomo entra a far parte della sfera divina; Dio si riveste di carne umana e così assume una storia pienamente umana».
Da ciò, prosegue mons. Moraglia, discendono le conseguenze anche concrete per la nostra vita: «A Natale, allora, siamo invitati a guardare il Bambino – il Dio che si fa uomo – e tirarne le conseguenze, secondo le nostre concrete e reali possibilità: aprirci all’uomo. “Accogliere” non vuol dire fare ciò che è impossibile ma ciò che è nelle nostre possibilità di fare e questo, ovviamente, ci chiama a responsabilità! Ci sarà chiesto quello che potevamo fare; niente di più, niente di diverso. Così il povero, grazie alla sua povertà, arricchisce il ricco non perché un giorno il povero potrà restituire magari con gli interessi – anzi, probabilmente, non potrà mai restituire… – ma perché, con la sua povertà, dà occasione a chi possiede di compiere gesti di gratuità e benevolenza che lo arricchiscono in umanità ma soprattutto nella carità».
Gesù viene per incontrarci nella povertà delle povertà, la povertà per eccellenza: il peccato. «E, giova ricordarlo – continua la riflessione del Patriarca – è esattamente nel peccato del mondo che sono inscritte e contenute tutte le varie povertà. Il Natale, quindi, porta in sé questo paradosso: il povero arricchisce il ricco. Chi dona a un povero, infatti, “fa un prestito al Signore” (Prv 19,17) e Dio non dimentica mai di restituire. Nel Natale siamo così invitati a incontrare ogni povero con una fede che si fa amore, ossia con opere di misericordia spirituali e corporali. Sì, perché la pienezza della fede è l’amore».
Da ciò l’augurio finale, per un Natale cristiano: «A tutti auguro un Natale in cui l’improbabile accada, come duemila anni fa a Betlemme, ossia che la Vergine diventi Madre, che il Figlio eterno di Dio diventi Figlio dell’uomo, che i poveri arricchiscano i ricchi e che i pastori – gli ultimi della scala sociale del tempo – diventino i primi annunciatori di quella che è la notizia per eccellenza della storia: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che Egli ama”».