Insieme, nel dialogo e con creatività, attorno alla Parola e al banchetto eucaristico. Con l’obiettivo di un mandato specifico per ogni comunità. Sono questi alcuni dei tratti che il Patriarca suggerisce di attribuire alla Visita pastorale che sta per prendere il via nella Chiesa di Venezia.
Domenica 15 ottobre, con la Messa che lei presiederà alle ore 15 nella chiesa del Sacro Cuore a Mestre, inizia la Visita pastorale: che cosa si aspetta possa portare?
Mi aspetto che questa Visita pastorale, prima ben preparata e poi ben vissuta, conduca ogni soggetto ecclesiale interessato e coinvolto – una collaborazione pastorale, una parrocchia, un vicariato ecc. – ad un mandato specifico che sia il frutto del confronto e del dialogo. E che aiuti a far crescere la vita ecclesiale e la trasmissione della fede in quella comunità e in quel territorio. Un mandato che raccolga aperture, incoraggiamenti, indicazioni e forse qualche correzione. Il tutto sempre in un ambito di comunione e di legame forte con il Vescovo e la Diocesi – questa è sinodalità vissuta -, declinato in ogni contesto poiché la proposta diocesana non può non diventare peculiare in un particolare luogo. Anche le persone (mi auguro siano numerose) che parteciperanno alla celebrazione del 15 ottobre vorrei che si sentissero sin d’ora arricchite d’un mandato ecclesiale che renda protagonisti – una volta tornati a casa – nella loro comunità, insieme a tanti altri, nel cammino della Visita pastorale. Vorrei, insomma, che fosse un punto d’arrivo e soprattutto di partenza, non una cosa calata dall’alto ma il frutto di una collaborazione in atto e, appunto, sinodale.
Sin dall’inizio del suo ministero da Patriarca di Venezia, lei ha visitato già tutte le comunità della Diocesi almeno due volte; molte di esse, poi, le ha incontrate nuovamente in seguito… Che idea si è fatto della vita cristiana di queste comunità e come questa idea entrerà nella Visita pastorale?
Ho riscontrato situazioni molto diverse sia per l’evidente specificità e differenza del territorio (il Litorale non è il centro storico di Venezia, non è Mestre, e questo esempio vale un po’ per tutte le “zone” della diocesi) sia per una storia particolare, segnata dalle persone che l’hanno costruita. Insomma, una realtà bella e… difficile, sviluppata a macchia di leopardo. Il percorso che abbiamo intrapreso delle Collaborazioni pastorali lo testimonia: ci sono ad esempio grosse parrocchie che, per loro “natura”, sono caratterizzate ma a cui si chiede sempre più di guardarsi attorno ed entrare in sinergia con altre realtà, potenzialmente più fragili e bisognose di un supporto. In alcuni casi ci sono realtà che fanno fatica da sole… Il primo “giro” tra le parrocchie, in questi anni, mi ha aiutato a focalizzare il fatto che la Chiesa si dà dove si annuncia la Parola, dove soprattutto si celebra l’Eucaristia, dove si vive la carità, dove ci sono dei battezzati – soggetti ecclesiali da valorizzare attraverso i cenacoli – e quindi non solo i preti. Anche i laici battezzati vivono e trasmettono la fede con stile gioiosamente missionario, sono chiamati ad evangelizzarsi e ad evangelizzare, così da camminare ogni giorno incontro al Risorto!
Prima della Visita in ogni Collaborazione ci saranno un certo numero di incontri preparatori (ne vengono consigliati tre) in un percorso di preparazione che ogni comunità potrà arricchire. Che domande e che tipo di riflessioni, da rivolgere poi al Patriarca, è bene escano da questi incontri di preparazione?
Questo lo lasciamo alla libertà e alla creatività delle singole comunità, ovviamente. Al momento suggerisco che vi sia un tempo congruo per la preparazione della Visita pastorale durante il quale sarà importante porsi, insieme, alcune domande fondamentali a cui cercare anche di rispondere insieme. Come stiamo come comunità, come stiamo sul territorio? Ci sono strade e possibilità nuove che possono essere inaugurate in occasione della Visita oppure ci sono cammini e proposte pastorali da ribadire e da rilanciare con più coraggio o magari anche da verificare e correggere? Il dialogo e l’incontro tra le persone, nel tempo della preparazione, dovrebbe aiutare a fare questo e comunque senza prescindere dalla riscoperta personale e, soprattutto, comunitaria della preghiera.
Che impostazione darà a ciascuna tappa della Visita? Oltre alla liturgia eucaristica, ci saranno dei momenti che ricorreranno stabilmente (incontro con il Cenacolo – dove c’è – visita agli anziani e ammalati nelle case, incontro con i giovani o con realtà culturali e istituzionali del territorio…)?
Le singole tappe della Visita in una Collaborazione pastorale si formeranno dal cammino preparatorio e, quindi, potranno anche essere differenti tra una realtà e l’altra, soprattutto nei momenti di incontro con i rispettivi territori a cui sono ben disponibile purché non si tratti di momenti solo formali o “di parata”; devono avere una forte valenza pastorale, anche in vista del dopo Visita. E’ chiaro, comunque, che alcuni momenti significativi saranno presenti sempre. Al di là degli adempimenti canonici, che saranno svolti anche in tempi diversi, in ogni singola Visita pastorale sarà previsto un incontro comunitario generale di catechesi, aperto a tutti, su diversi aspetti: alcuni proposti dal Patriarca stesso, altri suggeriti in base a quanto emerso negli incontri preparatori (ecclesiologia, missionarietà, perequazione, ecc.) o su argomenti più specifici riguardanti la zona. Ci sarà l’incontro con gli organismi di partecipazione, soprattutto i cenacoli. E poi, a seconda delle situazioni parrocchiali e di Collaborazione pastorale, si potranno realizzare – anche con modalità diverse – incontri con i giovani, con gli educatori (in senso ampio: dai genitori ai catechisti e agli insegnanti), con gli ammalati ecc. Grande risalto avrà la celebrazione eucaristica domenicale che sarà, in genere, il momento finale della singola Visita e dovrà essere preparato bene. Tendenzialmente si cercherà di vivere un momento liturgico in ogni chiesa parrocchiale ma si vorrebbe poi che la Messa domenicale col Patriarca diventasse un momento che unisca tutta la Collaborazione pastorale; questo forse (purtroppo) non sarà possibile dappertutto e allora ci adatteremo alle varie situazioni locali. Ma chiedo che si faccia il possibile per dare alla celebrazione eucaristica il senso che ha: un popolo convocato dal Padre, attraverso il Figlio, nello Spirito Santo, intorno all’altare per ascoltare la Parola e vivere la Pasqua di Gesù, il suo unico Signore.
Serena Spinazzi Lucchesi
Giorgio Malavasi