Nel pomeriggio di sabato scorso – 10 giugno – è stato il Patriarca di Venezia Francesco Moraglia a presiedere la S. Messa nella Basilica di Sant’Antonio a Padova nell’ambito delle celebrazioni previste durante la Tredicina che prepara e accompagna la grande festa del Santo che ha poi il suo culmine il 13 giugno di ogni anno.
Una vita breve (36 anni appena) ed una permanenza non lunga in questa realtà veneta (tre anni, gli ultimi) non hanno impedito – ha sottolineato il Patriarca nell’omelia – al portoghese Antonio, nato a Lisbona, di «legarsi in modo unico» alla città di Padova tanto da divenirne “il” Santo.
E questo perché «la santità è agile, non ha bisogno di tempi lunghi. Dobbiamo capire che ciò che conta nella vita cristiana non è la lunghezza del tempo ma l’intensità dell’amore».
La grandezza di sant’Antonio, come di tutti i santi, è stata allora quella di «saper dire Gesù e le meraviglie di Dio. E di dirlo con amore». Compito peculiare dei santi – cioè di tutti i cristiani battezzati, di qualsiasi vocazione – è «stare vicino alla gente, dicendo alla gente le cose mirabili di Dio, e portare a Lui nella preghiera le ferite e le sofferenze della nostra vita e delle persone che incontriamo».
Poco prima della celebrazione il Patriarca Francesco ha ricevuto dall’Arciconfraternita di Sant’Antonio il diploma di ascrizione con l’elenco delle indulgenze e il medaglione della confraternita rinnovando così un’antica tradizione che ha visto, prima di lui, l’ascrizione all’Arciconfraternita del Patriarca Angelo Scola il 7 giugno del 2009 e prima ancora, il 9 giugno del 1897, del Patriarca Giuseppe Sarto poi divenuto Papa Pio X.