«La carità è la virtù più splendente del vescovo Olivotti». Il Patriarca Roncalli, poi Papa e Santo, faceva sintesi così delle qualità di mons. Giuseppe Olivotti.
Il 9 marzo saranno cinquant’anni da quando, poco dopo il ritorno dal suo ultimo viaggio in Africa, egli concludeva la sua corsa di apostolo. E proprio sabato 9 marzo, in basilica di San Marco alle ore 18.45, sarà celebrata una Messa in cui ne sarà fatta memoria.
Giuseppe Olivotti, nato a Venezia il 20 novembre 1905, viene ordinato sacerdote il 21 luglio 1929. Durante la seconda guerra mondiale si spende per aiutare profughi, perseguitati e reduci. Dopo le leggi razziali, nasconde una famiglia di ebrei composta da dodici persone, ed anche quattro disertori, in una casa di proprietà nella quale si erano sistemati diversi sfollati ai quali aveva offerto ricovero.
Al termine del conflitto fonda e in parte finanzia con mezzi propri una serie di colonie e case per bambini bisognosi, abbandonati e malati, e per adulti non autosufficienti. Nasce così, nel 1955 – eretta come Fondazione dal cardinale Angelo Roncalli – l’Opera Santa Maria della Carità e nascono le numerose Case dedicate a Maria in cui erano e sono erogati i diversi servizi di assistenza, educazione e avvio all’integrazione per chi è più più fragile. Le residenze sono infatti destinate ad anziani non autosufficienti e malati di Alzheimer, malati terminali oncologici, minori in difficoltà, disabili fisici e psichici, tossicodipendenti, malati di Aids…
Il Patriarca Luciani scrive di lui che «ricco, volle e seppe essere povero. Gli ho domandato una volta: dov’è andato a prendere i denari? Risposta: “Parte a casa mia, parte a casa degli altri. Il domandare mi costa umiliazioni, l’essere criticato mi fa male, ma io devo guardare ai poveri”».
Il 10 febbraio 1957 mons. Olivotti viene nominato da Pio XII vescovo ausiliare di Venezia e vescovo titolare di Samo. Partecipa a tutte le sessioni del Concilio Vaticano II. Muore il 9 marzo 1974 all’età di 68 anni. (G.M.)