Festa dell’Annunciazione da un lato. Celebrazione dei 1600 anni dalla fondazione di Venezia dall’altro. In uno stretto legame che viene messo in luce proprio in occasione della giornata odierna, giovedì 25 marzo, prima della Messa presieduta dal Patriarca, alle ore 11 nella Basilica di San Marco, trasmessa in diretta sul profilo Facebook di Gente Veneta.
Annunciazione e nascita di Venezia: «Tutti siamo consapevoli che quest’associazione – commenta don Gianmatteo Caputo, delegato patriarcale per i Beni culturali ed Edilizia di culto – è una scelta fatta nell’ambito della tradizione veneziana. Di conseguenza, in quanto tale, non ha un valore storico. Eppure, proprio perché frutto di una deliberata volontà, nell’individuazione di questa festa va ritrovato un determinato significato».
Che risiede innanzitutto nel fatto che, proprio lungo tutta la tradizione veneziana, c’è un riferimento preciso alla figura di Maria. Insomma, la scelta di una festività mariana in qualche modo legata alle antiche origini della città d’acqua, fa della Vergine «la prima patrona in senso lato di Venezia, al di là di quelle che saranno le figure dei santi Todaro e Marco, che seguiranno». Senza dimenticare che nell’area lagunare più in generale numerose sono state le chiese e i monasteri in onore di Maria. «All’interno della Basilica – continua don Caputo, anticipando come il 25 marzo ne verranno appositamente illuminate alcune parti – la raffigurazione dell’Annunciazione è presente in diversi luoghi».
Dall’Annunciazione all’origine di Venezia. E l’introduzione verterà sulla cupola dell’Emmanuele, posizionata nell’arco del presbiterio: quella che celebra l’incarnazione di Cristo, che è il frutto del mistero dell’Annunciazione.
Tema, quest’ultimo, spesso presente nelle chiese veneziane e nel medesimo luogo. Nell’arcata che precede l’accesso all’altare principale, dunque, proprio perché «lì quel mistero di un Dio che si fa carne nel ventre di Maria diventa un Dio che si fa pane nella mensa dell’eucaristia».
Allora ecco che se da una parte questo segno dell’Annunciazione non fa che rimandare all’origine di Venezia, dall’altra conduce al mistero dell’incarnazione, fondamento della fede cristiana. Riflessioni che non possono che essere affiancate anche da un riferimento al momento presente. Una fase sofferta, in cui tuttavia proprio la celebrazione dell’Annunciazione rappresenta un aiuto, un segnale di speranza in un mare in tempesta.
«Ciò che la liturgia celebra è il vivere ogni anno un rinnovamento». Poiché ci ricorda – chiarisce don Caputo – che Dio continua ad amare l’umanità sin dalla creazione; ad accoglierla, a rendersi presente in mezzo ad essa per risollevarla. «Il periodo che stiamo vivendo, nuovamente appesantito dall’estendersi degli effetti della pandemia, non deve togliere una gioia fondata sulla speranza. Perché in fondo ciò che la liturgia celebra è il vivere ogni anno un rinnovamento, che poi coincide con la possibilità della Risurrezione. La stessa che vediamo non soltanto nei segni della natura che rinasce, ma anche dentro di noi, attraverso una rinascita interiore che consiste nel non abbattersi di fronte alla sofferenza e al dolore. Che tra l’altro sono sinonimi di quello che è il senso della morte e della caducità della vita».
Una presenza che è responsabilità. Argomento, quello della storia della salvezza, ben narrato dai mosaici della Basilica – attualmente non visitabile per via del Covid – che non fanno che ricordare come Dio non ci abbandoni mai.
Marta Gasparon