Esercitare un servizio è frutto di una matura vita di fede. Don Stefano Costantini, direttore dell’Ufficio per la Liturgia e parroco veneziano, illustra alcuni elementi essenziali della nuova lettera del Patriarca.
Perché è così importante oggi una riflessione sui ministeri dei laici?
Dal Concilio Ecumenico Vaticano II all’attuale Cammino Sinodale c’è una continua chiamata alla corresponsabilità nella Chiesa e soprattutto un invito ad approfondire il mistero stesso della Chiesa. Anche a livello locale, già a partire dalla lettera pastorale del Patriarca Francesco del 2016 “Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù”, il Patriarcato di Venezia ha voluto sottolineare che i laici, in virtù dei sacramenti dell’iniziazione cristiana, sono chiamati a non essere semplici spettatori o meri collaboratori della vita della comunità, bensì a far crescere l’evangelizzazione. La Chiesa esiste per evangelizzare.
Quindi ogni battezzato deve vivere questa “ministerialità”?
Si può aprire ad un ministero chi anzitutto vive un’autentica fede e un’appartenenza di fede alla vita della comunità cristiana. Come dice nella lettera il Patriarca, i ministeri istituiti non sono un “riconoscimento”, cioè non conferiscono un ruolo bensì sono l’esercizio di alcuni carismi che emergono dalla vita cristiana. Esercitare questi ministeri non è qualcosa che avviene al di fuori di una vita. Qui nasce il discernimento a cui saranno chiamate le comunità: a partire dalla vita di fede riconoscere che alcune persone possono essere chiamate ad un servizio per tutti.
Quali saranno i prossimi passi?
Il documento del Patriarca è come un lancio, vuole essere un invito a scoprire questa “ministerialità”. Esige di essere tradotta nei vari elementi che costituiscono la formazione dei possibili futuri ministri. Sarà necessaria per i Lettori una preparazione all’ascolto e alla comprensione della Parola, anche con adeguati corsi biblici. Per gli Accoliti la preparazione sarà finalizzata alla cura dei vari elementi della celebrazione eucaristica, che non sia una semplice ricercatezza estetica, con uno sguardo anche extra-liturgico verso coloro che sono impossibilitati, come gli anziani e i malati, a partecipare alla celebrazione. Stiamo collaborando con l’Ufficio catechistico e la Scuola diocesana di Teologia per sviluppare questi percorsi di formazione. (M.Z.)