«La vostra è una comunità nella quale io vedo i piccolissimi, i giovani, le persone di mezza età e gli anziani. Questa è l’immagine di una Chiesa in cammino, di una Chiesa che si apre a tutti». È iniziata con queste parole l’omelia del Patriarca di questa mattina, in una chiesa – quella di S. Antonio, al Lido – gremita di fedeli della comunità pastorale. E proprio a loro mons. Moraglia ha fatto un’esortazione: imparare a vivere la domenica come la giornata del Signore, riscoprendo la gioia di essere comunità. Perché trovarsi intorno al Suo altare, guardare e lasciarci plasmare da Lui significa uscire dalle porte delle nostre chiese chiedendoci: che cosa farebbe se adesso fosse in me?
«Abbiamo ascoltato la Parola di Dio. E il cristiano è colui che crede che quella Parola non sia una delle tante, ma un intervento di Dio nella sua vita», aggiunge il Patriarca, spiegando come, proprio in occasione della Visita pastorale, debba essere riscoperto il senso del giorno del Signore, il valore della Parola domenicale proclamata e celebrata durante l’Eucaristia. Parola di Dio ed Eucaristia – ciò che di più importante abbiamo – che devono essere entrambe condivise con le persone a cui noi vogliamo bene. E non è possibile delegare al parroco o alle catechiste la gioia di dire per primi, ai bambini, chi è Gesù. Ciascuno di noi è chiamato a mettersi in gioco, a fare un passo avanti. E le collaborazioni pastorali, in tal senso, rappresentano un’ottima occasione.
Nel Vangelo di oggi – sottolinea infine il Patriarca – Gesù utilizza una parabola significativa. «Quando sarà la fine dei tempi? A questa domanda Lui non risponde. Più una persona è insicura, più vuole sapere, più è fragile e più ha bisogno di trovare certezze da toccare con mano. Ma Gesù ci dà un’altra indicazione: di fronte al problema della vostra salvezza non serve tanto sapere il giorno e l’ora, ma essere saggi. Imparate dall’albero del fico che, quando arriva l’estate, inizia a germogliare».
(foto di Gianfranco Segantin)
Marta Gasparon