“Essere discepoli del Risorto significa operare per la vita, soprattutto se intorno a noi crescono parole, gesti e scelte di morte; pensiamo ai tanti morti e feriti di queste ore nello Sri Lanka e in Libia. Il lievito vecchio – per usare l’espressione cara a Paolo – continua ad operare contro la vita, la verità, la giustizia; in altre parole, contro l’uomo. Tutto quello che è odio, morte, violenza, discriminazione, male, egoismo, ingiustizia, contrasta la logica della Pasqua che è “vincere soccombendo”, la logica e la prassi di Gesù che vince innalzato sulla croce. Se infatti crediamo in Cristo risorto, Signore della vita, Vincitore della morte e di tutti i mali e le ingiustizie, allora dobbiamo operare nel senso della risurrezione di Gesù che dice come l’ultima parola non sia quella degli uomini, con le loro menzogne, calunnie e ingiustizie”: entra anche la più stretta attualità – i terribili attentati a chiese ed hotel nello Sri Lanka di queste ultime ore – nella riflessione che il Patriarca di Venezia Francesco Moraglia ha rivolto la mattina di Pasqua durante il solenne Pontificale celebrato nella basilica cattedrale di S. Marco (il testo completo dell’omelia è in allegato).
“Ogni volta che il male è vinto – ha proseguito il Patriarca – o, almeno, è messo in minoranza, ogni volta che diamo spazio all’amore di Dio facendo posto agli altri e ogni qualvolta accogliamo gli altri aiutando il prossimo, ossia quelli che, di volta in volta, incontriamo e con i quali ci impegniamo a costruire nuove relazioni da Gesù Cristo, avendo di mira – secondo il Vangelo – una più equa condivisione dei beni materiali e spirituali, allora siamo entrati nella vera Pasqua cristiana. La Pasqua deve rendersi presente in una vita buona secondo il Vangelo che si manifesta anche nelle scelte culturali, vale a dire in leggi buone e in relazioni sociali fondate sulla verità e sul rispetto dei più deboli. La Pasqua deve convertirci e manifestarsi anche esteriormente”.
Per mons. Moraglia “Gesù risorto da morte e vincitore della morte inaugura un nuovo modo d’essere nel tempo, lo porta a compimento, lo perfeziona; così Gesù ora si rende presente nel tempo non secondo le modalità dello spazio e del tempo ma delle potenzialità proprie di un’umanità giunta a pienezza. In Gesù risorto il tempo raggiunge il suo senso compiuto e, pur continuando la storia, Gesù ne diventa il vero principio e il vero senso; Gesù risorto non vive più il suo rapporto col tempo come chi è contenuto dal tempo ma come Colui che “suscita” il tempo e ne scandisce il “senso”, grazie alla forza dirompente della Pasqua: la Sindone dice, nei particolari segni che la caratterizzano, come di un’esplosione di potenza infinita. La divina Rivelazione ci ricorda che, quando Dio decide d’esprimersi nel tempo, crea l’uomo o, più esattamente, progetta Gesù Cristo in cui tutta la storia è pensata e voluta; così in Cristo il tempo diventa manifestazione della gloria di Dio e raggiunge tale sua caratteristica in modo pieno nella risurrezione. In Cristo c’è quella “pienezza” che dona alla creazione, alla storia e al tempo nuovo contenuto e nuovo senso. In Cristo risorto abbiamo “il Compimento”, la “Pienezza”, il “Valore ultimo” della creazione non ancora giunta però al suo termine; è il tempo del “già” e del “non ancora”, appunto, dell’escatologia inaugurata la mattina di Pasqua. Tutto ciò ha a che fare col cuore dell’uomo e chiede d’esprimersi visibilmente in scelte concrete riguardanti la comunità dei credenti e la società civile”.
Nell’omelia del Patriarca un passaggio è dedicato anche a recenti vicende locali: “Recentemente abbiamo constatato, anche nel nostro territorio, che quanto pensavamo non ci appartenesse, ossia il comportamento di chi con l’intimidazione e la violenza assoggetta altri in modo da prevaricare e sostituendosi allo Stato, è ben presente. Si tratta del potere mafioso che si declina in mille modi nella vita sociale. Ricordo ancora, a tale proposito, la giornata dedicata alle vittime delle mafie e ai loro familiari celebrata proprio qui in Basilica di San Marco, poche settimane fa, con l’associazione Libera di don Ciotti. Il Maligno agisce pensando di intimorire e la paura è l’atteggiamento che suscita”. E ha sottolineato, quindi, gli esempi di ritrovato coraggio che, dopo la risurrezione, ha animato apostoli e discepoli di Gesù.
“Maria Santissima, Regina caelis – ha concluso -, ci aiuti a vivere i giorni del nostro pellegrinaggio terreno come Lei ha vissuto e, con la grazia di Dio, impegniamoci nel quotidiano a far lievitare evangelicamente gli ambienti dove viviamo e operiamo! Auguro a tutti una Santa Pasqua, nella convinzione che Gesù è veramente risorto, alleluia”. Al termine dell’omelia, durante i saluti in più lingue, rivolgendosi ai fedeli in lingua francese ha aggiunto: “Siamo molto vicini alla Chiesa e alla nazione francese per quello che è successo nei giorni scorsi a Notre Dame de Paris, vero tesoro dell’umanità e segno della fede di un popolo e anche della civiltà europea”.