«Aver smarrito il Padre è la grande carenza di tutte le società che hanno pensato di poter costruire tutto, anche l’uomo, a prescindere da Colui che ci rende tutti persone, al di là delle particolarità e differenze».
È il richiamo forte che il Patriarca ha fatto risuonare stamattina, nell’omelia della Messa con cui ha reso solenne la festa della Madonna della Salute.
Nella basilica eretta dai veneziani a seguito della peste del 1630, per via del voto con cui ci si impegnava ad edificare un tempio in ricordo della salvezza ottenuta per intercessione della Madre del Signore, mons. Moraglia ha ricordato che «il Dio trinità, il Dio che Gesù Cristo ci ha rivelato, ha origine nel Padre. È proprio riscoprendo tale paternità comune che ci riconosciamo fratelli, a prescindere dalle diversità; siamo tutti figli dell’unico Padre che è nel cielo, siamo tutti fratelli».
Ma se questa consapevolezza non si dà, si corre subito il pericolo di perdersi nelle divisioni: «è utopia pensare a una fraternità fatta di libertà e uguaglianza ma priva della paternità comune. L’assenza di tale paternità è il dramma dell’umanità di oggi».
Il riconoscimento della paternità di Dio non toglie nulla all’uomo; anzi, ne esalta la libertà: «La storia – ha proseguito il Patriarca Francesco – è l’esito di tale dialogo personale fra Dio e gli uomini per cui bene e male sono il compiersi di tale incontro, in cui l’azione di Dio – che è sempre buona, vera e giusta – precede ma anche rispetta l’uomo che, di volta in volta, dice il suo sì e il suo no».
Il Vangelo dell’annunciazione è, in questo senso, manifestazione e prova esplicita della paternità del Dio cristiano, che lascia alla persona il pieno controllo della propria libertà: «Nel racconto dell’annunciazione s’instaura un dialogo personale fra Dio e la creatura. Un dialogo che, inequivocabilmente, mostra come Dio rispetti sempre la libertà di chi ha scelto come interlocutore; la fanciulla di Nazareth è pienamente libera di rispondere alla proposta divina. Così, la persona assume consapevolmente le proprie responsabilità; non è esecutrice materiale ma è chiamata a dire sì o no a Dio in libertà e autonomia».
Il Vangelo dell’annunciazione evidenzia, così, come Dio riconosca in Maria la persona: «L’angelo, infatti, si rivolge a lei e la saluta. Ella rimane turbata e s’interroga sul senso del saluto, chiede come si realizzerà la parola dell’angelo, si reca dalla cugina per constatare quanto Le è stato detto. Tutto, nello stile di Dio, dice rispetto e attenzione nei confronti della creatura: Dio ci interpella e invita. Gesù farà lo stesso col giovane ricco: “Se vuoi…” (cfr. Mt 19,21)».
Tale paternità, continua mons. Moraglia, ci fa scoprire che siamo fratelli: «Ora si tratta di riconoscersi come persone chiamate ad un’alleanza che rispetti la fraternità e la divina paternità da cui proveniamo. La Madonna della Salute ci aiuti ad essere comunità vere e giuste, in un tempo di forte conflittualità, individualismo e indifferenza, in cui lobby, nuovi movimenti, vecchi partiti sembrano andare per conto proprio».
Un auspicio che si attaglia alla storia e alla vocazione di Venezia: «La nostra città è, da sempre, luogo d’incontro fra uomini e culture, spazio fecondo di una convivenza che valorizza le giuste e legittime differenze nel rispetto dei diritti fondamentali della persona iniziando dal rispetto alla vita umana sempre – dal concepimento al suo spegnersi naturale – e, quindi, di ogni uomo, qualunque esso sia. La Madonna della Salute aiuti la città di Venezia, affinché sia, oggi, nei suoi abitanti testimonianza viva di convivenza, buona e saggia».
(foto di Alessandro Polet)