«Il lavoro possiede una sua dimensione soggettiva e spirituale che è essenziale; è vocazione, è spinta ad andare oltre».
Così il Patriarca Francesco ha esortato gli imprenditori e il direttivo della Confindustria di Venezia e Rovigo a guardare alla realtà interiore che il lavoro incarna, che è fondamentale nella vita dell’uomo.
Il Patriarca ha presieduto la Santa Messa per Confindustria nella sera di ieri, martedì 13 luglio, presso la basilica cattedrale di San Marco Evangelista.
Nel corso dell’omelia il Patriarca si è soffermato sulla centralità del lavoro nella vita del credente: «La fede cristiana, il compiersi della vita cristiana non ammette ozii o evasioni dagli impegni che la vita, espressamente, chiede. Il lavoro – ce lo attesta lo stesso san Paolo – è criterio fondante e dimensione costitutiva per la vita di una persona e di una comunità… il lavoro possiede una sua dimensione soggettiva e spirituale che è essenziale; è vocazione, è spinta ad andare oltre e a perfezionare l’uomo chiamato a mettere a frutto doti tecnico-manuali e quelle intellettive e di conoscenza, d’intelligenza e fantasia, di capacità nel faticare e volontà di produrre e di crescere».
Il Patriarca ha rivolto lo sguardo alla vita della Sacra Famiglia di Nazareth, in cui il lavoro è stato una realtà viva e feconda: «Gesù stesso è stato un lavoratore, un artigiano, un piccolo impresario, un uomo che ha lavorato – prendendo esempio e imparando da Giuseppe, il padre legale – nella “bottega” di famiglia; dei trent’anni circa vissuti nel silenzio di Nazareth parecchi li ha trascorsi lavorando proprio nel laboratorio di Giuseppe. Guardiamo alla bella e luminosa figura di Giuseppe in quest’anno a lui dedicato: “Nel Vangelo appare come un uomo giusto, lavoratore, forte…Anche lui può insegnarci ad aver cura, può motivarci a lavorare con generosità e tenerezza per proteggere questo mondo che Dio ci ha affidato” (Papa Francesco, Lettera enciclica Laudato si’ n. 242). Il Figlio di Dio – e Figlio dell’uomo – ha lavorato; ha compiuto, più volte, i gesti semplici e non di rado faticosi che ognuno di voi compie, ogni giorno, nell’esercizio della sua funzione, del suo specifico lavoro».
Nell’occasione, Gente Veneta ha potuto anche incontrare il presidente di Confindustria per Venezia Vincenzo Marinese. Dialogo con la terraferma, porto e rivalorizzare Marghera. Sono le priorità per l’immediato futuro che Marinese legge in questo tempo di convivenza forzata con la pandemia. Insieme a questo, Marinese auspica riforme più coraggiose, soprattutto nel contesto amministrativo e nella gestione della “macchina” della giustizia.
Si parla di segnali di ripresa, anche per le aziende veneziane. Quali sono i segnali più importanti da riconoscere?
È interessante rilevare che molte nostre imprese cercano nuovi dipendenti. È un grande segno, che dona prospettiva. D’altra parte vi sono delle criticità: stiamo pagando molto di più le materie prime, quindi si corre il rischio di nuovi rallentamenti. Dobbiamo poi riconoscere che con la pandemia il settore pubblico ha imparato poco; viviamo ancora con un apparato burocratico lento ed inadeguato. La riforma allo studio per una semplificazione non è coraggiosa, così come i tribunali sono ingessati. L’incertezza del giudizio e i tempi della giustizia preoccupano molte imprese. Sono temi fondamentali da risolvere.
Guardando in prospettiva per Venezia, quali saranno le sfide più importanti per l’immediato futuro?
Per un immediato futuro la sfida più importante è far vivere sempre di più la terraferma in relazione con la parte storica di Venezia. Così come dare una prospettiva alle grandi navi e aprire il porto ad un mercato internazionale; rivalorizzare Marghera dandole quel lustro di area industriale ed infrastrutturale perché sia porta di ingresso tra Oriente ed Occidente.
Marco Zane