Cosa succede nell’anima e nella storia del credente quando compie un atto di penitenza, di umiltà, di ridimensionamento del proprio io? Succede la gioia. Lo sottolinea il Patriarca Francesco nell’omelia della Messa celebrata domenica 14 marzo nella chiesa parrocchiale di Catene di Marghera.
Catene è la quarta tappa nell’itinerario che, da alcune domeniche, mons. Moraglia fa nelle parrocchie della Diocesi, in questo tempo reso così complicato dalla pandemia, anche dal punto di vista delle pratiche di fede.
La riflessione sulla Parola, durante la liturgia nella chiesa di Catene, si concentra sulla Domenica laetare. È la domenica della gioia, che ricorre nel mezzo del tempo di Quaresima: «Come mai in Quaresima – domanda il Patriarca – cioè nel tempo della penitenza, della serietà e del digiuno, ci si ferma per sostare nella gioia? Perché la penitenza è il momento in cui noi rendiamo felice il Padre che sta nei cieli».
Ma è anche il momento di una certezza rassicurante e che apre alla pienezza: «È sapere che Dio scommette su di noi, sulla nostra Quaresima, sulla riconciliazione dell’umanità…».
Il che non toglie che ciascuno debba fare la propria parte. In due direzioni, rimarca mons. Moraglia: una è quella della circospezione rispetto alle lusinghe di una certa logica mondana. «La cultura dominante ci scusa, ci sprona a sentirci sicuri di noi stessi, ci legittima, ci dice “vai avanti, fai finta di niente…”. Quando però poi si scivola, non c’è paracadute; quando si sciolgono le false certezze, si è avvolti dalla nebbia e dal vuoto. «La parola di Dio ci dice invece: tutti hanno peccato, tutti devono personalmente convertirsi, tutti hanno la certezza che il perdono lo riceveranno dal confessionale».
E la Quaresima è il tempo opportuno. Questa è la seconda direzione, avverte il Patriarca: «Quando convertirci? Oggi. Dove? Dove si vive: in casa, al lavoro, in parrocchia, nell’associazione… Convertirci lì dove siamo e dove viviamo: è questo che ci chiede la Quaresima. Tutti siamo peccatori e tutto siamo salvati per grazia, nessuno di noi può dubitarne». (G.M.)