L’unica in Veneto. All’interno di un fabbricato rosso e giallo in affitto, che la domenica mattina odora d’incenso e dolci fatti in casa. Genuino, familiare, sommerso dal vociferare dei ragazzini italo-egiziani.
Si trova di fronte all’ecocentro mestrino, in attesa di traslocare nella nuova e bella chiesa di via Orlanda, appena le offerte dei fedeli ne garantiranno il completamento lavori.
Duecento famiglie assidue. Ma ancor prima di trasferire armi e bagagli lì la comunità copta ortodossa di Venezia sta già vivendo il suo decennio d’oro: una base fissa di circa duecento famiglie da ogni parte della provincia, sempre attive in parrocchia, e tanti altri egiziani da Padova, Treviso, Vicenza, che cercano di raggiungere la comunità ogni volta che possono.
«Da dieci anni a questa parte siamo cresciuti, siamo una Chiesa forte» conferma padre Abram, unico sacerdote nella nostra regione. E il merito è anche un po’ suo. Prima i parroci non erano stabili qui. Lui, da nove anni, da qui non si muove. Ha contribuito a fare di questo luogo di culto un porto sicuro per molti copti.
E sotto i suoi occhi stanno crescendo le prime generazioni nate qui da mamma e papà egiziani: oltre una cinquantina di ragazzi dall’educazione africana, l’anima cristiano-copta e il cuore italiano.
Senza contare, oltre a questi giovani fedelissimi che non perdono un’ora di catechismo, gli altri coetanei che in un modo o nell’altro gravitano attorno al patronato, lo frequentano quando possono e come si sentono. Ormai il 70% dei membri della comunità è composto da cittadini italiani a tutti gli effetti. «Ed è difficile trovare oggi un copto non diplomato. Tantissimi sono i laureati» tiene a precisare il parroco.
Dall’asilo alle superiori. «Ora qui abbiamo due classi per l’asilo, cinque di elementari, tre di medie, tre di superiori» descrive l’organizzazione del catechismo il sacerdote, passando da un’aula all’altra del piano terra, mentre i piccoli fanno ancora lezione dopo la liturgia domenicale del mattino. «Dalla terza superiore in poi i ragazzi imparano a diventare catechisti a loro volta».
Ora gli insegnanti sono tredici. Ma quattro o cinque adolescenti sulla soglia della maggior età, entro due anni, faranno il salto della cattedra e diventeranno i primi catechisti copti della parrocchia veneziana nati e cresciuti in Italia.
E sarà un arricchimento, assicura il prete ortodosso: «Il mio è ancora un carattere tipicamente egiziano, un po’ chiuso, anche se sono qua ormai da quarant’anni. Loro invece sono nati qui e riescono a vivere al meglio il clima italiano. Mantenendo comunque saldo il nostro insegnamento di distinguere bene ciò che è giusto e ciò che è sbagliato: questo frutto va bene, quest’altro invece no. I nostri figli hanno la mentalità copta e assumono da noi ciò che hanno visto di buono. E lo stesso fanno con la cultura italiana. Sono italiani al cento per cento, hanno la cittadinanza, giocano con i coetanei italiani, fanno sport insieme e conservano comunque i valori copti».
Una stagione di crescita. In realtà, svela il sacerdote, esiste una generazione di egiziani copti precedente a questi adolescenti, cresciuta anch’essa in Italia, «ma la Chiesa non è stata forte a sufficienza da riuscire ad attrarli». Ora è diverso, di bimbi e ragazzi ce ne sono tanti da renderne difficile il calcolo, visti gli arrivi continui «e per il fatto che dopo la Pasqua la frequenza del catechismo è meno assidua, mentre poi aumenta di nuovo».
Giulia Busetto