I suoi 60 anni di sacerdozio, purtroppo, lo scorso 22 giugno li ha dovuti celebrare in una stanza dell’ospedale dell’Angelo, in cui si trova ricoverato ormai da quasi un mese per qualche problema di salute.
Ma la sua piccola festa privata, don Gianni Dainese, l’ha avuta lo stesso grazie a una delegazione della sua parrocchia, la comunità mestrina di San Giovanni Evangelista, che non ha voluto mancare all’appuntamento. «Un grande grazie a lui e al Signore per questo enorme dono che ci ha fatto» le parole a lui dedicate quella settimana sul foglio l’Insieme con l’invito a tutti a ricordarsi di lui, le cui condizioni migliorano lentamente, nelle preghiere.
Nato a Mira nel ’34, don Dainese, che compirà 84 anni il prossimo 14 settembre, è stato ordinato sacerdote il 22 giugno del ‘58 dal Patriarca Angelo Roncalli, poi papa Giovanni XXIII. Dopo l’esperienza maturata tra le parrocchie di Santo Stefano di Caorle, San Francesco di Paola, dei Santi Apostoli e di San Donato a Murano, e come direttore spirituale del Convitto Foscarini e rettore del Santa Caterina, nel ‘68 il cardinale Giovanni Urbani lo incarica di fondare una nuova parrocchia in via Rielta.
La comunità – da lui guidata per ben 42 anni e lasciata nel 2010 per andare in pensione – proprio lo scorso primo giugno ha celebrato i suoi primi 50 anni di vita in una giornata di festa che ha visto don Gianni, accanto al Patriarca Francesco Moraglia, sorridente e circondato dall’affetto di tutti.
«Quando sono arrivato – ha ricordato il sacerdote in un’intervista realizzata con GV proprio in quell’occasione – non c’era niente. Non sapevo bene cosa fare, avevo uno spirito avventuroso. Dovevo arrangiarmi. Tante volte mi sono sentito scoraggiato, ma nel frattempo ho cominciato a conoscere le persone, a parlare con loro, ad andare per le case, ad amarle. E loro hanno avuto pazienza e mi hanno seguito».
Un affetto incondizionato quello che lega don Dainese alla gente di via Rielta. In tanti lo definiscono «il fulcro della vita comunitaria: un pastore vero, che ci ha accompagnato, guidato, sostenuto. Uno che ci ha ripreso mille volte per i capelli, che ci trasmesso la fede e che, pur soffrendo molto, ha sempre lottato per la comunione». Gente per bene, «poco studiata – ha aggiunto il sacerdote – proprio come me. Qui sono cresciuto come prete: ho cercato di dare il meglio di me stesso, parlando con il cuore. Qui ho capito che quel che conta nella chiesa è l’evangelizzazione e mi sono sentito molto amato».
Chiara Semenzato