«Il “sì” lieto e cordiale, anche nelle avversità, del discepolo costruisce la sua persona e la comunità. L’obbedienza si radica nell’amore, altrimenti è l’obbedienza della caserma e non del discepolo».
È un invito ad un sì di letizia quello che il Patriarca rivolge a Francesco Andrighetti e a Steven Ruzza, ordinati diaconi poco prima delle 17 di giovedì 7, in basilica di San Marco.
Tutta la Chiesa, allora – ha sottolineato il Patriarca Francesco nell’omelia – è beneficata dal “sì” del discepolo che la edifica nell’amore perché tutto diventi più umano e cristiano. Che tristezza, per un discepolo, mancare di tale umanità!».
Francesco, 26 anni, della parrocchia di San Lorenzo di Mestre, e Steven, 30 anni, della parrocchia di Santo Stefano di Caorle, hanno raccontato nel numero di Gente Veneta di venerdì 1° dicembre la storia della loro vita e della loro vocazione. Una vocazione giunta ora al momento essenziale dell’ordinazione diaconale, in vista di quella presbiterale.
Continua mons. Moraglia: «Il vostro “sì” di diaconi – cioè di servitori – sia innanzitutto a gloria di Dio e per i poveri, che sono incontro reale con Gesù. Insieme alla stola abbiate sempre con voi il grembiule della lavanda dei piedi, il grembiule di chi serve, un grembiule non ostentato per ricerca di facile popolarità, ma indossato per profonde motivazioni di fede!».
Il passaggio dell’ordinazione diaconale, pur importante, non è il traguardo; e la formazione il lavorìo su se stessi va considerato come opera senza posa: «Uno dei primi elementi da curare per la fruttuosità del ministero è lavorare sul proprio temperamento, sulle proprie emotività, sulle proprie autoreferenzialità e – Dio non voglia – scontrosità; se così fosse, starete male voi e farete star male gli altri…».
Certo, non siamo noi a reggere la Chiesa o il mondo, ha rimarcato il Patriarca: «Non siamo noi che, a partire dal nostro gusto, creiamo i valori ed esprimiamo un nostro cristianesimo. La nostra libertà, infatti, interloquisce sempre con la realtà, con Dio, con gli altri. La delicatezza e anche la sofferenza di un “sì” vanno, quindi, misurate sul bene più grande in cui ciascuno è purificato e liberato, capace – alla fine – di cogliere il tutto e l’essenziale della sua vita».
Una riflessione che è anche un suggerimento, infine, sul modello da seguire: «Dio vuole aver bisogno degli uomini e invita, sollecita, illumina e, nello stesso tempo, domanda – come già fece duemila anni fa a Nazareth – un’adesione libera, piena, per sempre. Duemila anni fa Dio – come interpella voi oggi – interpellava, nel piccolo villaggio di Nazareth, la Vergine Immacolata. L’Immacolata vi sia Madre e Maestra in questo cammino di donazione e di crescita nella fede. A Lei consacrate voi stessi e il vostro ministero».