Da bambino, negli anni ’80, devo aver respirato un po’ di aria della Teologia della Liberazione, tant’è che ricordo di aver posto questa domanda ai catechisti che mi spiegavano l’Epifania: “non bastava che Gesù bambino si fosse rivelato ai pastori, poveri e umili? Che bisogno c’era che Gesù si rivelasse anche a dei ricchi sapienti? Le catechiste all’epoca hanno glissato sulla mia domanda, ma la curiosità mi è rimasta.
È vero che bisogna stare attenti a non ricondurre la visita dei Magi a protocolli di corte come forse vorrebbero i nostalgici della nobiltà papale: la regalità di Cristo, simboleggiata dal dono dell’oro, si manifesterà pienamente sul Golgota e, prima di quell’Ora, Gesù rifiuterà sistematicamente ogni altra onorificenza regale.
Non mi sono arreso al silenzio delle catechiste: ero un bambino curioso e la mia ricerca teologica infantile è stata riaccesa quando mio papà mi ha spiegato che l’Epifania era una delle quattro solennità più importanti dell’anno liturgico, assieme a Pasqua, Natale e Pentecoste. Cosa ci poteva essere di tanto straordinario in quella visita dai toni diplomatici?
Adesso, a quasi quarant’anni, mi rispondo che, forse, più straordinaria e significativa della visita in sé sono state la decisione di compierla e il lungo viaggio: un segno nel cielo, un’anomalia in ciò siamo abituati a vedere possono essa avere il potere di mettere in cammino? Di dedicare mesi solo ed esclusivamente ad andare al fondo di questa cosa singolare che ci capita?
Ci sono cose nella vita di oggi che possono muovere le persone ad un cammino di ricerca profondo?
Certe volte, davanti all’indifferenza verso la vita cristiana, specialmente nelle sue forme tradizionali, di parrocchia, sorge il dubbio che sia sbagliata la proposta: che per i cuori che abbiamo davanti ci voglia qualcos’altro, quasi che quelle anime non siano fatte per l’incontro con Gesù.
Ci rassegniamo spesso al fatto che la ricerca di senso, di una mèta, che abita e agita il cuore di ogni persona, vada altrove: ad arenarsi tra le luci di un centro commerciale, tra le pieghe del divano di casa…; oppure, più di rado, trovi la sua risposta nelle nuove forme di spiritualità, di religiosità che abitano la nostra cultura.
L’inquietudine, la domanda del senso religioso: Matteo si è preoccupato all’inizio del suo vangelo di dichiarare che la venuta del Messia non era soltanto la promessa che avrebbe compiuto l’Alleanza di Mosè, limitata ad un cerchio ristretto di persone.
Il bisogno di Cristo, l’atteso delle genti, è universale, riguarda ogni uomo e ogni donna di questa terra, noi compresi: il problema è che spesso, a differenza dei Re Magi, soffochiamo questa inquietudine esistenziale perché temiamo di non avere alcuna risposta. Non solo, da cristiani non siamo capaci di riconoscerla nel cuore delle persone accanto a noi e di approfittarne per annunciare “la grandissima gioia” che hanno sperimentato i Re Magi. Essi hanno visto la stella fermarsi sulla capanna, hanno avuto luminosa davanti agli occhi la risposta che era valsa la pena tutta quella fatica: il senso della loro vita era di fronte a loro in un neonato. Il senso della vita di ogni uomo, di ogni cultura, in ogni epoca storica.
L’Epifania ci conferma nella certezza che non esiste uomo sotto questo cielo che non sia fatto per l’amore di Dio manifestato in Cristo Gesù morto e risorto.
Una Santa Epifania.
Don Valentino Cagnin